Coronavirus

Milano e i casi sommersi: "Sono una marea"

Nessuno sa esattamente quanti possano essere. L’allarme arriva dai medici di base che devono fare diagnosi telefoniche. Sarebbe da valutare l’apertura di laboratori per effettuare tamponi

Milano e i casi sommersi: "Sono una marea"

A Milano c’è anche un altro problema. Oltre a tutti i contagiati conosciuti, potrebbe esistere un numero altissimo, ma fino a questo momento non rilevato, di casi sommersi. Persone che non sanno di aver contratto il virus e sono chiuse nelle proprie abitazioni, con i familiari. Alcuni di loro potrebbero avere qualche sintomo influenzale come tosse o febbre. Come riportato da Milano Corriere, l’allarme arriva dai medici di base che in questo momento sono costretti a fare diagnosi telefoniche. Il perché è presto detto.

Se non si è gravi si resta a casa

Davanti a tali sintomi, diciamo non particolarmente gravi, restano a casa e cercano di curarsi con paracetamolo, rischiando di infettare i parenti che escono invece per fare la spesa in supermercati e negozi. Questi soggetti entrerebbero in ospedale solo a seguito di una grave crisi respiratoria, se questa non si manifesta restano a casa, anche se, come dichiarato da un medico, hanno quasi certamente il coronavirus. Di certezze non ve ne sono, ma la possibilità alta purtroppo sì. Secondo due sanitari, queste “sono certezze che vengono dall’esperienza. Là fuori, in città, esiste un numero enorme di malati di coronavirus che se la “sfangheranno” da soli. Noi li sentiamo al telefono, sono tanti”. Un orecchio allenato sa riconoscere certe differenze.

Milano zeppa di casi sommersi

E così Milano sarebbe zeppa di cittadini che hanno contratto il Covid-19 e non lo sanno, o meglio, sperano di non averlo. Non sono chiamati asintomatici. Quelli sono altri. Questi vengono definiti malati sommersi. Gli ospedali sono stracolmi, i letti scarseggiano e non è possibile in questo momento ricoverare tutti. Anche se hanno qualche linea di febbre e tosse continua. E così se la sbrigano i medici di base, che hanno delle regole da seguire. Se il paziente non è grave deve curarsi in casa, senza assolutamente uscire, sperando che la situazione passi.

Una dottoressa ha spiegato chiaramente la situazione e le norme che loro, medici di famiglia, devono seguire: “Le indicazioni dell’Ats sono chiare. Se avete pazienti con sintomi da Covid-19, trattateli come tali, considerateli “positivi”, monitorateli, stiano isolati come da legge. Ma segnalateli solo se hanno avuto con certezza contatti con un contagiato. Ma molte persone non lo sanno neppure se hanno avuto un contatto “a rischio”, e dunque stanno passando giorni e giorni in casa con la febbre a 39, con il terrore di peggiorare. Questo sento nella loro voce, quando li chiamo ogni mattina, il terrore”.

La diagnosi telefonica

Certo, rimane difficile fare una diagnosi precisa quando non vi è neanche la possibilità di vedere il malato. Ma questo è praticamente impossibile, mancano infatti le protezioni necessarie. Quindi niente, si viene visitati realmente solo quando si è in gravi condizioni e il ricovero è ormai necessario. Sperando che non sia ormai troppo tardi. Una dottoressa ha escogitato un modo per capire quanto avanti possa essere la situazione: “Ai miei sospetti, ma di fatto sicuri casi Covid-19, se hanno un “saturimetro” in casa chiedo di fare le scale o camminare sei minuti e poi verificare la saturazione dell’ossigeno nel sangue. Se scende, vuol dire che il livello di rischio si sta alzando troppo”. Da domani tutti a comprare un saturimetro? Speriamo di no.

Lo stesso medico ha raccontato che alcuni suoi pazienti, con tosse e febbre, nelle scorse settimane sono andati in Svizzera a fare il tampone a pagamento. Tutti positivi. Come il sanitario stesso era certo. La denuncia è quindi chiara: i numeri che arrivano non sono reali. Ci sono i malati registrati, gli asintomatici e i sommersi. L’Ats, c’è da dire, sta attivando un numero dedicato per contattare periodicamente e monitorare le condizioni fisiche delle persone in isolamento familiare.

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