
Winy Maas, architetto e urbanista olandese, cofondatore dello studio MVRDV di Rottardam che ha firmato progetti come l'Expo 2000 pavillon, la pianificazione dell'area metropolitana di Parigi, il Market Hall di Rotterdam, le Cristal houses di Amsterdam e Seoullo7017 il giardino pensile di Seul. Nel 2019 sarà il direttore di Domus per il progetto editoriale 10x10x10 coordinato da Walter Mariotti.
Gli studenti, nell'elaborare questa mattina il loro quartiere del futuro hanno disegnato dei canali. Uno dei progetti più importanti per Milano è proprio la riapertura dei Navigli. Cosa ne pensa?
«L'acqua ha uno straordinario potere di raffreddamento delle città. È la stessa cosa, per esempio, che abbiamo provato a fare nelle isole di Hong Kong. Alberi e acqua aiutano a raffreddare le metropoli e i canali possono essere riutilizzati per la mobilità. La gestione dell'acqua va oltre la semplice apertura di vecchi condotti: si tratta di un sistema complesso che va dalla conservazione dell'acqua sui tetti per raffreddare gli edifici e dentro i muri dei palazzi, alle cisterne sotterranee. L'acqua, quindi, non va utilizzata solo nelle superfici pubbliche, ma in un sistema complessivo che renda più vivibili le città. Mi sento di dire ai milanesi di non fermarsi a considerare i Navigli come un unicum, ma come la creazione di un sistema complessivo».
In che senso?
«Non bisogna focalizzarsi solo sull'estetica, sul recupero della storia di Milano, ma considerare anche la densificazione della città. È molto difficile pensare a come rendere più densa e abitata la città. Non ho ancora visto a Milano un progetto di quartiere con verde, acqua, inclusione sociale ed energia solare, come quello che hanno progettato i ragazzi questa mattina per il Domus Workshop sulle città del futuro. Come mai Milano ci mette così tanto a densificarsi?».
Pensando alla Milano del futuro, che cosa costruirebbe?
«Un nuovo San Siro. Lo stadio viene usato solo per le partite di calcio, ma quante ore al mese viene utilizzato? Perché non si fa come a Buenos Aires dove lo stadio viene aperto alla gente comune che ci può andare a giocare? Perché non si costruiscono delle case all'ultimo piano? Si potrebbe trasformare San Siro in qualcosa di più».
Un'altra scommessa dell'amministrazione è il rilancio delle periferie. Ha ancora senso parlare di periferie e centro?
«Milano è relativamente piccola e non densamente abitata, credo che le periferie meriterebbero molta più attenzione, innanzitutto andrebbero collegate e incluse alla città. I collegamenti nell'area metropolitana di Parigi sono stati finanziati solo con le tasse per i rialzi delle case storiche in centro».
Potrebbero essere rilanciate con nuovi spazi pubblici?
«È molto complicato perché nelle periferie ci sono spazi pubblici troppo grandi, che diventano quindi vuoti perché percepiti come pericolosi e stranianti. Gli spazi pubblici invece dovrebbero essere più piccoli: servono più verde, più sicurezza e più intimità».
Michele de Lucchi sostiene che i palazzi sostenibili sono i grattacieli, è d'accordo?
«Credo che la densità abitativa sia un valore molto importante ma non credo che le torri di per sé siano la soluzione. Lo sono, invece, le torri collegate, connesse tra loro».
Come vede il futuro di Milano?
«Connettere le periferie con il centro è il primo passo, anche nella direzione dell'inclusione sociale, una delle chiavi del futuro. Io, che sono un outsider, non vedo progetti in grado di vincere questa scommessa nè questo spirito, eppure per me Milano è la città della libertà, della democrazia, del design, dello stile quindi è super importante che si sviluppi in modo forte su questi valori».
Cosa apprezza o cosa giudica sbagliato della città?
«Dello stadio ho già detto...l'aeroporto di Malpensa è tra i peggiori al mondo: ubicato in una brutta posizione e soprattutto collegato malissimo».
È appena stata lanciata la gara internazionale per il rilancio dei primi due scali ferroviari..
.«Come studio abbiamo deciso di non partecipare perché il concorso è pagato male, senza ingaggi sicuri e poco chiaro, non c'è una visione. Sarebbe meglio chiamarli studi più che gare, o farli per le università».
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