Certo che oggi non si può dire che di musica a Milano non ce ne sia abbastanza, si pensi all'ampiezza della rassegna Piano City, dal 18 al 20 maggio. Ma se andiamo a mettere sotto la lente il tipo di offerta, alcune osservazioni si possono fare. E le fanno pure gli addetti ai lavori. Che in coro dicono: ci vorrebbe una «regia». Sinfonica/musica da camera, opera, contemporanea, ma anche jazz e dintorni, per finire con il pop e il rock. Partiamo dal principio, genere dopo genere.
La sinfonica (e da camera), segno positivo - stabile ai piani alti - proposta in modo copioso: dalla Scala (vedi Filarmonica) al Conservatorio ai Pomeriggi Musicali alla Verdi, per dirne alcuni, i luoghi deputati (in più rassegne e festival come MiTo); anche se le grandi orchestre dall'estero arrivano poco perché costano, il risultato è più che buono. Semmai c'è che le stagioni a volte si cannibalizzato, troppo autori simili su cartelloni diversi, troppi concerti, alcune volte tutti i giorni. Capitolo lirica: c'è ben poco da dire, perché la Scala ha in mano lo scettro, gran parte se non tutto passa da lì: sono aumentati i titoli e gli spettatori, quanti turisti fra loro. Altra musica, maestro: riguardo alla nuova produzione, la parola è delle associazioni ed enti, in testa Milano Musica e Sentieri Selvaggi e Divertimento Ensemble. I fondi in questo campo sono sempre un problema e la vitalità e parecchia. Ma ognuno gioca la sua partita. I titoli sono aumentati e il pubblico pure ed è sempre più preparato (settore ai piani bassi che sale).
Il jazz, forse tra il generi la «cenerentola»: pochi soldi, pubblico di appassionati per non dire di nicchia e stagioni niente, dopo la soppressione dell'«Aperitivo in concerto». Molto passa per i locali e ogni tanto spunta un mini-festival. Infine pop-rock: i numeri restano grossi ma si registra una stagnazione sulle novità. Insomma si vedono big, i soliti. Ogni tanto un guizzo.
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