Andrea Mascaretti è alla quarta campagna elettorale. Alle spalle ha due mandati da consigliere e uno da assessore nella squadra di Letizia Moratti. E nella sua carriera politica ha avuto una missione su tutte: promuovere la candidatura di Milano per ospitare Expo.
Mascaretti, per portare Expo a Milano ha fatto il giro del mondo?
«Ho guidato quasi 30 missioni. Assieme alle delegazioni italiane ho convinto i governi dei paesi asiatici, sudamericani e africani a votare per Milano nella corsa».
Lei è tra quelli che hanno creduto in Expo in tempi non sospetti, quando la città non aveva idea di cosa fosse.
«Quando parlavamo di Expo nel 2007 nessuno capiva. Ma è stato il modo attraverso cui Milano non solo ha ottenuto visibilità, ma anche finanziamenti per opere come la metropolitana, i collegamenti, la nuova Darsena».
E ha portato anche parecchio lavoro.
«Solo nei sei mesi dell'Esposizione, tra i padiglioni hanno lavorato 15mila persone. È stato paradossale non pensare fin da subito al post Expo. É come accorgersi la mattina di Natale che non hai ancora comprato i regali. Eppure si sarebbe potuto programmare tutto con largo anticipo».
Come rimediare all'occasione persa? Come rilanciare l'area Expo?
«Expo è stata assimilata da molti a un grande parco dei divertimenti. E rimanga questo: penso a uno stadio dedicato unicamente a spettacoli e concerti internazionali. Penso a un centro convegni da 20mila posti a musei e ristoranti regionali di eccellenza».
E la cittadella della ricerca?
«Va benissimo. Ma quel progetto occupa solo l'8% dei terreni in questione. C'è spazio anche per tutto il resto. E contribuiremmo a creare almeno 20mila posti di lavoro permanenti e un indotto turistico molto interessante per la città».
Di cosa ha bisogno Milano?
«Ha bisogno di un'amministrazione che renda perfetto il quotidiano: dalle buche in strada al problema sicurezza. Ma ha anche bisogno di tornare a pensare in grande, e di progettare il suo futuro da qui ai prossimo dieci-vent'anni. Come è accaduto per Expo».
Lei ha una visione molto internazionale della città.
«È quello che serve. Dobbiamo portare qui i creativi, gli stilisti, i designer di tutto il mondo. E stimolare i privati a investire e creare lavoro».
Come?
«Cominciamo a riparlare del futuro degli ex scali ferroviari. E torniamo a ragionare sull'Ortomercato come hub del food».
Insomma, vuole tornare a una gestione più in stile Moratti?
«Voglio che quella dei 770 milioni di tasse in più resti una parentesi degli anni di Pisapia. Voglio alleggerire i costi della pubblica amministrazione».
Come?
«Ad esempio con pratiche e moduli on line. Smaterializzando l'amministrazione pubblica. Code comprese».
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