«Manzoni vive arte, pensa arte, pratica arte, sempre, a ogni ora dei suoi giorni e delle sue notti». Il Manzoni di cui parla il critico Flaminio Gualdoni è Piero. Tra le sue date di nascita e di morte, 1933 e 1963, corrono tre decenni appena, anni che cambiarono il modo di intendere l'arte in Italia. In occasione del doppio anniversario, l'80mo della nascita e il 50mo della morte del grande artista milanese, Palazzo Reale ha ricordato i giorni scorsi l'uomo e il personaggio partendo dalla biografia «Piero Manzoni. Vita d'artista» edita da Johan & Levi e firmata proprio da Gualdoni. Ma c'era davvero bisogno di una biografia? Manzoni non è stato il ragazzotto moro che prendeva in giro il pubblico inscatolando la sua «merda d'artista», non fu l' «enfant terrible» di una famiglia borghese, capace di passare il tempo solo al Bar Jamaica? Questa nuova biografia fa piazza pulita dell'ampio campionario di stereotipi su Manzoni e, accantonati aneddoti, ricordi e leggende, ne puntualizza opere e pensiero. Perché Piero Manzoni soffre dell' «essere stato Piero Manzoni»: il personaggio ha avuto la meglio sulle opere, l'aneddoto sulle novità creative, il suo radicamento a Milano sulla sua importanza in Europa. L'ex assessore alla Cultura Stefano Boeri aveva annunciato per il cinquantenario dalla morte una grande mostra su Manzoni che avrebbe dovuto aprire a ottobre a Palazzo Reale.
Nulla si è visto: a dimostrazione del valore internazionale dell'artista la monografica è stata invece fatta allo Stadel Museum di Francoforte. A Milano, forse, si farà il 5 marzo, anche per merito delle insistenze della Fondazione Piero Manzoni. Meglio tardi che mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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