Tutto un altro abitare. Il cambiamento delle regole per l'assegnazione delle case popolari, che entro Natale sarà sancito da una legge regionale, sta per stravolgere il modello utilizzato fino ad ora in Lombardia. Niente più abitazione per tutta la vita, ma contratti di 4 anni più 4 come i comuni mortali, fine delle graduatorie così come le conosciamo: niente più assegnazione in base solo a reddito e prole, sistema che ha favorito finora soprattutto gli immigrati, ma spazio ad anziani e nuove categorie create dalla crisi come i padri e madri separati. E un meccanismo di mini bandi, o «call», che ogni due mesi diranno quali sono gli appartamenti disponibili.
In questo modo si supera il concetto di ente pubblico come ente assistenziale: non si rimarrà più ad attendere seduti una chiamata, né tanto meno si potrà pensare di vivere per sempre nella stessa casa perché ormai è stata assegnata. E questi sono solo i punti principali di quella che sarà una riforma che pensa anche a come utilizzare tutti gli appartamenti sfitti dei privati. «Questo testo ha degli elementi di forte rivoluzione – spiega Carlo Malvezzi, consigliere regionale del gruppo Ncd che ha elaborato il testo – innanzitutto perché introduce il tema del mix abitativo rispetto al modello della grande graduatoria: su un territorio, che corrisponde ai distretti socio-sanitari, gli amministratori leggeranno i bisogni cioè le urgenze partendo dagli anziani, le giovani coppie, i nuclei monogenitoriali, le forze dell'ordine e le famiglie numerose, riorientando le graduatorie in base a questi».
Ma la fine delle graduatorie è solo un pezzo della riforma: allo stesso tempo si supera anche l'idea che una abitazione di edilizia sociale assegnata a vita con l'introduzione dei contratti standard di otto anni. «La responsabilità reciproca è uno dei tre caratteri principali del testo, gli altri sono equità e sostenibilità, – precisa Malvezzi – nel senso che l'ente viene incontro al bisogno delle persone, ma queste devono fare la loro parte: intanto devono avere un minimo di reddito e si devono anche attivare per migliorare la propria condizione, anche con il supporto degli enti territoriali, e uscire al più presto dal bisogno». Un approccio volto anche a garantire la sostenibilità del sistema di welfare, visto che il livello di introito, specialmente a Milano, è molto inferiore rispetto ai costi messi a bilancio.
Anche per questo in Regione hanno pensato di introdurre, come avviene in altri Stati europei, il sistema delle call ogni due mesi. Chi vorrà la casa e ne avrà diritto dovrà seguire i vari bandi. Per gli abusivi non ci sarà più spazio. E per incentivare il nuovo sistema che spinge le persone a darsi da fare, si è inserito il discorso su come sfruttare gli immobili di proprietà di banche, immobiliari o di privati con vasti patrimoni edilizi.
L'idea è di creare delle convenzioni, basate ad esempio su un sistema di sgravi fiscali, per poter affittare queste migliaia di appartamenti a canoni calmierati, in modo di creare una fascia grigia tra gli affitti sociali e quelli di mercato: «Secondo noi di questo c'è un grandissimo bisogno soprattutto per l'ex ceto medio che fatica a stare nella condizione di normalità – conclude Malvezzi – e anche per chi uscirà dalla condizione di bisogno non dovrà passare da un canone di 100 euro a uno di 500». In questo modo, dando anche una scossa al mercato immobiliare per ora semi-paralizzato, si creano i gradini e le condizioni per scalare, o ri-scalare, la società senza attendere che dopo la scarpa destra l'ente pubblico dia anche quella sinistra. Insomma, tutto un altro abitare.
È la popolazione residente negli alloggi erp, circa il 2,5 per cento dei lombardi
È il numero degli alloggi Ers, di cui 106mila 311 di Aler e il restante stock dei comuni
Sono gli alloggi (aler e comuni) vuoti: 7.166 in attesa di assegnazione, 5.437 non disponibili perché non a norma
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