Il miracolo può attendere. Per chi ci crede, ovviamente. Alle Case bianche di via Salomone il tempo è volato via senza che molto sia cambiato dalla visita di Papa Francesco. Che è ancora negli occhi e nel cuore di una folla immensa che sventolava bandiere, porgeva bambini, tendeva mani e anime Qualcosa in verità è cambiato ma poco. Ciò che sono riusciti a cambiare la buona volontà della Diocesi, la tenacia del Comitato inquilini «Salomone rinasce» e un paio di progetti sbloccati che hanno portato in dote qualche milione per rimettere a posto le facciate e citofoni, per installare qualche telecamera. Ma sono dettagli per chi vive qui nei palazzoni popolari della fine degli anni '70 che continuano ad essere ciò che sono anche oltre l'apparenza e cioè un mondo di etnie, culture e religioni diverse sparso in oltre 470 appartamenti Aler dove anche i piani sono divisi per nazionalità. E forse il problema non sono facciate, citofoni e ascensori. Non solo quelli almeno. In questo pianeta difficile a cinque chilometri dal centro, si vive in un'altra dimensione. Le regole sono spesso un'ipotesi e la lotta quotidiana è quella contro l'abusivismo, per liberare i tanti alloggi occupati da chi non ne ha diritto, contro il vandalismo, contro la baby gang che passano il loro tempo nei cortili e nelle vie anzichè andare a scuola, contro la delinquenza, contro il racket che continua ad avere il pallino in mano. Tutto è complicato, difficile, pericoloso. C'è uno stato di necessità ma sembra mancare uno Stato. C'è la speranza.
Ma c'è anche la rabbia, le legittime richieste al Comune, al municipio, ai consiglieri di chi è esausto e non ce la fa più. C'è la voglia di tanti inquilini di buttar giù tutto e ripartire. Servirebbe un miracolo e in molti lo aspettano.
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