Residenti versus movida, il braccio di ferro si ripete a fasi alterne (o su più «tavoli» contemporaneamente quando arriva la bella stagione) dall'Arco della Pace ai Navigli a zona Porta Venezia. E torna di estrema attualità in corso Garibaldi, nel tratto ad alta densità di locali che va all'incirca da largo La Foppa a via Marsala. I dehors attirano una fiumana di gente dall'ora dell'aperitivo alle 2 di notte. Affacciato sul tratto critico c'è il condominio al civico 104 che ha presentato un ricorso al Tar (e negli eventuali successivi gradi di giudizio) contro il Comune per contestare «il silenzio dell'amministrazione sull'istanza datata 15 marzo 2018 con cui si chiedeva di adottare provvedimenti urgenti per la tutela della salute, della quiete, della sicurezza urbana, dell'ordine pubblico e della viabilità» nella zona intorno al palazzo. I residenti del civico 104 sono circondati da bar Radetzky, Chinese Box, Ice Bound e un'altra serie di locali) che d'estate attirano centinaia di persone all'aperto. Ma la via di mezzo tra diritto al sonno e al divertimento, posto che i commercianti hanno regolari permessi di occupazione del suolo pubblico, è difficile da trovare per vie legali. Lo dimostrano battaglie giudiziarie del passato in zona Navigli o all'Arco. La giunta (senza sottovalutare il punto di vista dei condomini, come precisano da Palazzo Marino) ha votato la costituzione in giudizio per resistere al ricorso: udienza fissata l'8 maggio.
L'atto è stato notificato lo scorso 25 ottobre al Comune ma anche a Ministero dell'Interno, Arpa, Regione e bar «Amico Fritz» preso come spunto, perché si trova nella galleria di accesso alle scale d'ingresso, per denunciare il caso più generale. Sette mesi prima il condominio aveva sollecitato «provvedimenti urgenti per la tutela della salute e dell'ordine pubblico», ad esempio un'ordinanza che vietasse i dehors su quell'area, sostenendo che «a causa dello stazionamento di numerosi avventori dei pubblici esercizi sono stati violati i valori di immissione sonora consentiti dalla legge». Il 14 novembre l'area Ambiente del Comune ha inviato una prima risposta, facendo presente che la problematica connessa «al fenomeno della movida milanese» richiedeva «un intervento trasversale a più aree dell'amministrazione». E lo scorso 31 gennaio ha ribadito che non sussistono i presupposti per l'avvio di un procedimento per inquinamento acustico «in mancanza di una sorgente fissa del fenomeno» come evidenziato anche da sopralluoghi Arpa, «né i per un provvedimento contingibile e urgente», vedi un'ordinanza del sindaco, «in assenza di una situazione imprevedibile di grave pericolo».
Nella costituzione in giudizio la giunta sottolinea che «il Comune non è rimasto inerte ma si è attivato già prima del ricorso» per alleviare i disagi, cita ad esempio i «numerosi sopralluoghi dei vigili nei locali tra marzo e settembre 2018, la zona 30, un odg per la stesura del Patto per azioni concordate nelle aree della movida e, infine, ha chiesto ad Arpa di effettuare nuovi accertamenti fonometrici lo scorso 5 febbraio, «trovando difficoltà a reperire un nominativo tra i condomini disponibile per la collocazione dell'impianto di monitoraggio acustico». Ma la palla passa al Tar.ChiCa
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