Non piacciono al governatore Roberto Maroni il testo e le note composte da Mogol per l'inno della Lombardia ora che il consiglio regionale ha votato la legge che istituisce la sua festa il 29 maggio, battaglia di Legnano). «Lo voglio più inno», ha detto ieri parlando con i giornalisti alla buvette del Pirellone. «Gliel'ho rimandato con alcuni suggerimenti», ha aggiunto, dicendo di confidare che Mogol capirà. Ora è noto che Lucio Battisti aveva un pessimo carattere. Certo era un grande artista e resta da vedere se la pazienza del maestro Giulio Repetti, in arte proprio Mogol, sia terminata allora. E, infatti, nel pomeriggio è arrivata la puntualizzazione di Isabella Votino, la portavoce di Maroni. «Parlare di bocciatura del testo dell'inno della Lombardia scritto da Mogol - si è sentita in dovere di precisare - è una forzatura. Di cui il presidente si rammarica». Derubricando al semplice «suggerimento di alcuni spunti».
Certo la notizia è ghiotta. Ed è da vedere se da colleghi si metteranno d'accordo. Perché, sia detto con le dovute proporzioni, anche Maroni è un musicista con il suo organo Hammond suonato nei «Distretto 51», la blues band varesina nata raccogliendo i vecchi compagni di scuola e gli amici della piazza che a Natale si esibirà alla Baggina per far festa ai nonnini. E proprio da questa affinità tra amanti delle note era nata l'intesa in una calda giornata d'agosto a Palazzo Lombardia. Con Mogol che raccontava di Battisti, di come prima nascessero le sue note e poi le parole andassero aggiunte alle melodie. Da rimanere a bocca aperta. Un idillio. E così era sembrata un'idea geniale, una cosa facile facile. Come non affidarsi a uno che oltre all'immortale Battisti ha scritto fra gli altri per Caterina Caselli (Perdono, Cento giorni), i Dik Dik (Il primo giorno di primavera, Sognando la California), l'Equipe 84 (Io ho in mente te, Un angelo blu), Fausto Leali (A chi), The Rokes (Che colpa abbiamo noi, È la pioggia che va), Bobby Solo (Se piangi, se ridi; Una lacrima sul viso) e Little Tony (La spada nel cuore, Riderà). E, invece, l'operazione s'è inceppata.
Ora c'è da chiedersi come reagirà il maestro. Come la prenderà uno che nel 1965 vide un giovane di Poggio Bustone che suonava la chitarra nel complesso dei Campioni e lo fece diventare Lucio Battisti. Uno che nel 1999 di fronte alla vena un po' inaridita di Adriano Celentano gli scrisse un capolavoro come Io non so parlar d'amore.
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