Cronaca locale

Da Napoli truffe internet e riciclaggio con bitcoin

Smascherati tre giovani fratelli incensurati che gestivano un traffico di valute virtuali

Paola Fucilieri

Le chiamano truffe sofisticate. Anche se a tirare le fila degli affari non sono geni online sul modello di Mark Zuckerberg, ma tre giovani fratelli napoletani (due ragazzi e una ragazza), tutti incensurati che risiedono al rione Sanità e sono abilissimi sul web. La Procura e l'unità investigazione e prevenzione del Nucleo centrale di polizia giudiziaria della Polizia locale di Milano che indagano su di loro da quasi due anni, minimizzano sulle capacità di questi nativi digitali: «Di facciata si limitano a gestire siti internet di compravendita di valute virtuali, come potrebbe fare chiunque» spiega il pm Carlo Scalas. Quello che non proprio «chiunque» saprebbe fare (magistrati e vigili concordano) è simulare delle aste immobiliari per far «abboccare» da una parte proprietari con l'acqua alla gola, costretti a vendere i loro immobili a un prezzo basso e quindi al di sotto del valore di mercato e dall'altra altrettanti aspiranti acquirenti comprensibilmente attirati da cifre molto convenienti per ottenere l'oggetto del desiderio dell'italiano tipo: la casa. Aste che, su siti fuorilegge ma provvisti da documentazioni accuratissime (seppur completamente contraffatte) e perizie del tutto regolari anche se solo in apparenza, espongono avvisi di vendita di appartamenti e case presentandoli come affaroni.

In un primo tempo la banda dei tre risiedeva nella zona «in» del Vomero e riceveva personalmente i clienti in sedi prestigiose, offrendo polizze assicurative a basso costo e contratti con nuovi gestori per ottenere acqua e gas a prezzi stracciati (attività scoperta e bloccata un paio di giorni fa e sempre dalla polizia locale, ma solo a Napoli). Una volta passati a un settore più redditizio come quello dell'immobiliare però, i fratelli si sono messi a operare in aree più nascoste e decisamente meno chic, come alla Sanità appunto, nascondendosi dietro la «facciata» neutra del web. Ed è lì che hanno messo in piedi l'attività con la quale hanno truffato anche molti lombardi.

Dopo aver spinto i compratori a versare per le case acconti assolutamente accettabili (il 10 per cento del totale, tra i 20 e i 30mila euro) intestandoli a soggetti a loro volta truffati, i tre fratelli hanno creato flussi finanziari intricatissimi, nei quali convogliare il denaro spostandolo da un conto all'altro, sempre intestato a famigliari o a persone di fiducia. «C'è voluto l'aiuto della task force della Banca d'Italia per risalire a questi intricatissimi giri di soldi» ammette il procuratore aggiunto Eugenio Fusco. Infine, i truffatori promettevano ai clienti di tramutare gli euro in bitcoin e in altri tipi di criptovalute attraverso piattaforme specializzate e in particolare tramite una società internazionale che converte la moneta virtuale in denaro corrente, fornendo anche la possibilità di creare e gestire e-wallet, portafogli virtuali per l'accantonamento dei profitti. Ma in realtà, dopo essersi intascato il denaro, i fratellini e i loro complici (collettori che operavano online, detti exchanger) sparivano.

«In un anno e mezzo, eludendo le modifiche apportate alla legge 231 del 2007 sul riciclaggio, gli indagati hanno realizzato un giro d'affari di oltre 2 milioni e mezzo di euro, riuscendo a beffare anche addetti ai lavori» spiegano Fusco e Scalas. La Locale di Milano ha sequestrato in questi giorni a Napoli 135mila euro in contanti, oltre a tre bracciali in diamanti di Cartier e a sei orologi da polso tra cui cinque Rolex.

«Ma le indagini sono solo all'inizio» assicurano i vigili.

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