Cronaca locale

Niente più carcere per le pene fino a 4 anni

Il tribunale: i condannati direttamente ai servizi sociali. Probabile il ricorso della procura

Luca Fazzo

Quattro anni di carcere sono una pena importante, che in genere viene inflitta per reati di una certa gravità. Ma ora il tribunale di Milano stabilisce che anche davanti a sentenze di questa entità il condannato possa evitare il carcere, andando direttamente in affidamento ai servizi sociali senza nemmeno passare per la prigione. Una sentenza innovativa, contro la quale la Procura probabilmente ricorrerà in Cassazione, ma che sembra costituire un passo avanti del fronte garantista nella eterna lotta tra fautori della rieducazione e teorici della repressione.

La sentenza - resa nota nei giorni scorsi dal sito specializzato giurisprudenzapenale.com - è stata pronunciata dal giudice Maria Idria Gurgo di Castelmenardo, della 11a sezione penale, e ha salvato dall'ingresso a San Vittore una filippina di 41 anni condannata a tre anni e nove mesi per usura ed estorsione. Secondo la prassi seguita finora, la donna - dopo chela Cassazione aveva reso definitiva la sua condanna - sarebbe dovuta finire in cella ad espiare la sua pena: la sospensione automatica dell'esecuzione della pena per dare e modo al condannato di chiedere come misura alternativa l'affidamento in prova ai servizi sociali, è infatti prevista dalla legge solo per pene non superiori ai tre anni. Così la Procura della Repubblica aveva fatto partire l'ordine di carcerazione.

Ma il difensore della donna ha fatto ricorso al tribunale, sostenendo che il limite di tre anni è illogico, visto che dal 2013 il cosiddetto «decreto svuota carceri» voluto dal ministro della giustizia Andrea Orlando prevede che tutti i detenuti cui restano da scontare meno di quattro anni di pena detentiva possano chiedere di uscire di prigione chiedendo l'affidamento in prova. Allora che senso ha, sosteneva in sostanza il difensore della donna, chiudere il condannato in carcere se appena entrato può chiedere di uscire? Risparmiamogli tempo e traumi, e concediamogli di venire affidato senza passare per la cella. Oltretutto, come rimarca nel suo commento l'avvocato Valentina Alberta, una volta entrati in carcere i condannati per uscire devono attendere i tempi assai lunghi del tribunale di sorveglianza, chiamati a decidere sull'istanza di affidamento: imponendo «inutili, prolungati ed evitabili periodi di detenzione».

E il giudice ha dato ragione al difensore della filippina: «apparirebbe assolutamente illogico - scrive la Gurgo di Castelmenardo - un percorso deflattivo della popolazione carceraria unicamente in uscita e non anche in entrata».

Ordine di carcerazione annullato: la donna attenderà a piede libero di sapere in quale ente andrà a pagare lavorando il suo debito verso la società.

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