Il traffico impazzisce nel cuore della città alle 18.30, all'angolo tra via Senato e corso Venezia, quando il corteo degli oltre 7mila «No green pass», da piazza San Babila cerca di raggiungere la «solita» meta di piazzale Loreto. La polizia allora impone il dietrofront alle auto provenienti dai Bastioni e dirette verso il centro, per farle tornare verso piazzale Oberdan; gli uomini del reparto mobile sono schierati per impedire che i manifestanti, al grido di «La gente come noi non molla mai!», raggiungano via Turati o comunque piazza della Repubblica per poi magari tentare di deviare verso la stazione Centrale.
Nonostante la presenza degli anarchici (pochi e inefficaci dopo le perquisizioni di venerdì in area varesina) e quella di una dozzina di attivisti del gruppo nazifascista varesino «Do.Ra» - la comunità dei Dodici raggi, sfilatisi dal corteo poco dopo l'inizio della manifestazione - nonostante in testa al corteo a reggere lo striscione di apertura ci fosse l'ex brigatista Paolo Maurizio Ferrari, il quattordicesimo sabato consecutivo di corteo No green pass sotto la Madonnina per la prima volta langue, ma solo dal punto di vista ideologico. La massa, sempre acefala e caotica, raggiunge infatti sempre numeri importanti. E se stavolta non vede prevalere alcuna componente o matrice in particolare, non accenna a sospendere l'inconcludente scorrazzare per la città, tenendo impegnati polizia e carabinieri.
A farne le spese è innanzitutto il traffico, che va completamente in tilt. Dopo essere partito poco dopo le 17 da piazza Fontana, il corteo raggiunge via San Clemente e si blocca subito, quindi sfila lungo via Larga, piazza Missori, via Mazzini, si ferma nuovamente in largo Borges per raggiungere, con buona pace dei suoi partecipanti, piazza Duomo, dribblando abilmente il timido tentativo di una piccola parte di manifestanti di imboccare via Orefici per raggiungere piazza Cordusio e via Dante.
«Trieste chiama, Milano risponde», «Se non cambierà bloccheremo la città», «Giù le mani dal lavoro» gridano i manifestanti che, imboccato corso Vittorio Emanuele, una volta raggiunta piazza San Babila, svicolano veloci verso quello che ormai rappresenta un po' un classico del loro usuale tragitto, infilandosi cioè in corso Venezia e puntando dritto verso piazzale Oberdan (anche perché la polizia, schierata in assetto antisommossa all'angolo con via Senato, non farebbe passare neanche una mosca).
Dopo l'impasse creato dal traffico, il corteo, inneggiando al vicequestore Nunzia Schilirò, intorno alle 20 raggiunge piazzale Loreto e lì si scinde. C'è chi resta lì, ma la stragrande maggioranza dei manifestanti, che non hanno esitato a bloccare un giornalista del Tg5 impedendogli di fare la diretta, s'incammina verso viale Abruzzi, invadendo tutte le tre carreggiate in direzione del centro città. I manifestanti camminano tra le auto imbottigliate nel traffico che continua a crescere con il passare dei minuti. Raggiunta piazza Ascoli e piazzale Dateo, la folla s'incammina lungo viale Piceno quindi arriva fino a piazza Cinque giornate, risale verso il centro e la forza pubblica li blocca in maniera decisa in via Filippo Corridoni, costringendoli a tornare indietro. Sono le 21.
30 quando il corteo raggiunge la sede della Cgil in corso di Porta Vittoria e preme contro il cordone di poliziotti a protezione anche del tribunale. Alle 22 ritorna e si ferma in Duomo, dove la gente comincia a ballare per poi placarsi e sciogliere piano piano la manifestazione in una piazza blindata.
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