Cronaca locale

"No al terrorismo e sì alle moschee". Ma Maroni non cede

Manifestazione degli imam in San Babila ma in piazza vanno pochi fedeli islamici. E la Regione: "Regole sui luoghi di culto"

"No al terrorismo e sì alle moschee". Ma Maroni non cede

I centri islamici non ce l'hanno fatta. Nonostante tutti gli sforzi e le migliori intenzioni, le circa 90 sigle che hanno aderito al presidio contro «terrorismo e guerre», ieri, non hanno riempito piazza San Babila. C'erano circa 500 persone, nello spazio fra le fontane, la fermata del metrò e il «Milano store». Un presidio colorato, con tanti giovani e tante famiglie. Ma, se era anche una prova di numeri, il colpo d'occhio di ieri non aveva niente a che vedere con un'altra piazza, che è rimasta nella memoria di Milano, quella folla che nel gennaio del 2009 occupò piazza Duomo, nel corso di una manifestazione per la Palestina. Stavolta la manifestazione, organizzata dai Centri islamici milanesi con i Giovani musulmani e l'associazione «Partecipazione e spiritualità musulmana», era stata convocata dopo le stragi di Parigi. Ma la piattaforma «politica» era articolata su tre no: «No al terrorismo, no alla guerra e no all'islamofobia».

Il confronto fra le due piazze, che «Il Giornale» nei giorni scorsi aveva preso a parametro in questa prova dei numeri, è stato evocato ieri anche dalla responsabile Sicurezza e periferie di Forza Italia, Silvia Sardone: «Lascia veramente increduli - ha detto - il numero veramente esiguo di manifestanti. Solo 500 manifestanti (con circa un centinaio di italiani) su 150mila musulmani residenti a Milano è un risultato veramente difficile da accettare. Basta fare un confronto con la piazza Duomo gremita di musulmani il 5 gennaio 2009 quando per una manifestazione anti Israele arrivarono in centro almeno 5.000 persone, con gli islamici che poi si misero a pregare, in maniera provocatoria, di fronte al Duomo di Milano». Sui numeri si è concentrato anche l'ex vicesindaco Riccardo De Corato, oggi consigliere di Fratelli d'Italia: «Solo poche centinaia di musulmani erano presenti alla manifestazione Not in my name in piazza San Babila - ha detto - Ci si sarebbe aspettato un sussulto di orgoglio e di responsabilità da parte di tutta la comunità islamica - aggiunge l'esponente di Fratelli d'Italia - rispetto all'efferatezza degli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre. Avrebbero dovuto riempire lo stadio di San Siro e, invece, si sono presentati in quattro gatti. Soprattutto se si considerano i numeri della popolazione islamica in Lombardia. I musulmani a Milano sono circa 150mila e 1milione in tutta la regione. Ed i pochi presenti erano provenenti, peraltro, non solo da Milano ma da tutto il territorio lombardo. La brutalità dell'attentato di Parigi avrebbe dovuto imporre una rivolta totale e una ferma e immediata condanna da parte del mondo musulmano». «No al terrorismo, sì alle moschee» recitavano i cartelli preparati dai centri islamici. Riferimento diretto al caso di Milano, dove il Comune sembra sul punto di gettare la spugna, rinviando al nuovo sindaco il bando per la realizzazione dei luoghi di culto. L'assessore comunale Pierfrancesco Majorino ha ammesso che il problema è (anche) la nuova legge regionale anti-moschee. Ma la Regione sul provvedimento (impugnato dal governo) non intende mollare. L'assessore Viviana Beccalossi rivendica le misure, parlando di una legge «utile e necessaria». E il governatore Roberto Maroni tiene duro: «La comunità islamica è fatta di tante comunità. Non vorrei che si pensasse che adesso il problema è risolto, che non ci sono rischi in Italia perché la comunità islamica ha detto Not inmy name. Non è così purtroppo». «Ci sono tanti islamici che sono perbene, ma ci sono anche quelli che si nascondono, che fomentano, che predicano la violenza. Allora - ha detto Maroni - distinguiamo, senza generalizzare». «Non bisogna farsi prendere dalla paura ma neanche dire che siccome la comunità islamica è scesa in piazza è tutto a posto».

«Regolare i luoghi di culto - ha spiegato vuol dire renderli aperti e trasparenti, vuol dire togliere l'acqua a chi vuole utilizzare i luoghi di culto per incitare all'odio e al terrorismo».

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