Noi in carrozzina? Come i capi di Stato dobbiamo sempre avvisare se usciamo

Il racconto di Rebecca Zoe De Lucas: "Devo segnalare all'Atm dove, quando, perché e come devo salire e scendere dai mezzi, così che possano modificare il mio percorso nel caso in cui ci siano problemi tecnici con montascale e ascensori"

Noi in carrozzina? Come i capi di Stato dobbiamo sempre avvisare se usciamo

Milano è bellissima, è dinamica e stimolante, eppure scomodissima se sei in carrozzina. I punti da toccare sono tanti, forse troppi, ma cercheremo di andare con ordine. I mezzi pubblici. A chiunque è capitato almeno una volta di prendere i mezzi, ebbene, l'odiosissimo detto «c'è sempre una prima volta» non è privo di fondamento perché, circa due settimane fa, ho preso per la prima volta non solo la metropolitana, ma anche il tram.

Sono arrivata all'alba dei sedici anni senza aver mai preso i mezzi, non tanto perché io ci tenga ad inquinare la limpida aria milanese con il multivan diesel dei miei genitori, ma perché, alla stregua di un capo di Stato, devo segnalare all'Atm dove, quando, perché e come devo salire e scendere dai mezzi, così che possano modificare il mio percorso nel caso in cui ci siano problemi tecnici con montascale e ascensori. Guarda caso i problemi tecnici, volente o nolente arrivano sempre come la Pasqua, soprattutto quando hai una prenotazione per un locale dall'altra parte della città di sabato sera. Semplice, aspetta il tram successivo. Sono convinta che chiunque dica questo genere di frase lo faccia con le migliori intenzioni possibili, ma viene chiesta la stessa cosa ad un normodotato? No, come non gli viene chiesto di andare in contromano in una via trafficata perché «cinque minuti» e sposto la macchina dallo scivolo, rischiando la vita tutte le volte solo perché i miei cinque minuti valgono meno di te che deambuli sulle tue gambette.

Ho degli impegni, ho una vita e sono figlia del capitalismo anche se non posso entrare nei negozi. Negozi che avrebbero l'obbligo di essere accessibili a tutti, ma, nella maggior parte dei casi, non sono. Ancora una volta, gli Hulk del caso mi propongo di tirare su la carrozzina. Gentili, per carità, però c'è un problema di base: è un mio diritto poter essere del tutto indipendente nello spostarmi per la città. L'ansia subentra quando devo aspettare fuori. Per qualche strano motivo la gente pensa sempre che io stia facendo l'elemosina, quindi mi vesto sempre il più elegante possibile e faccio sempre finta di essere occupatissima al telefono, ma la vecchietta caritatevole non manca mai.

Un'altra cosa che sembra del tutto inconcepibile è la mia voglia, come quasi tutti gli adolescenti di andare a ballare. Così, per un semplice sabato sera in discoteca devo iniziare il lunedì a chiamare e a fare sopralluoghi, onde evitare di dovermi lanciare ad angelo sulla folla sperando di atterrare sulla pista da ballo possibilmente viva. Si sa, le scale comunemente non sono annoverate fra le barriere architettoniche. Gli ottimisti mi dicono sempre che devo aver pazienza, che rispetto a cinquant'anni fa le cose sono migliorate, che devo avere fiducia nel progresso perché ormai la gente è più sensibile sui temi d'inclusione.

Mettere un post su Instagram in cui professi il tuo amore per l'umanità non è un simbolo di attivismo, se poi con aria sconsolata, quando ti spiego che nella città in cui amo mi sono preclusi molti luoghi,

sospiri, scuoti la testa e passi al successivo post su Instagram. Questa non è inclusione se io non ho la possibilità, in totale autonomia, di fare ciò che tu fai senza alcuno sforzo. Milano, sei la mia croce e la mia delizia.

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