Quando scende la sera, loro escono di casa pronte a difendere il loro condominio. Per Maria, Anna e Francesca non esistono più solo gli impegni del lavoro e della famiglia, nelle abitazioni Aler e di MM di via Odazio (al Lorenteggio) la guerra è quotidiana. Dopo aver chiesto decine e decine di volte un intervento deciso contro l'abusivismo e contro il degrado delle abitazioni, un gruppo di donne coraggiose ha deciso di organizzare le ronde per contrastare chi continua a «fare case». L'espressione indica tutti quelli che aprono gli appartamenti sigillati in attesa di assegnazione: personaggi legati ai centri sociali, stranieri che usano le case come deposito e italiani dal comportamento dubbio alimentano un business floridissimo. Solo tra i civici 6 e 8 sono decine gli appartamenti occupati: «Pensi che qui sopra – indica una delle donne – un tizio ha affittato una casa a una zingara e adesso ci vivono una decina di loro». «E sa cosa mi hanno detto? - racconta Francesca – che le uniche due persone per bene a Milano sono il portinaio e il sindaco Pisapia». Le notti di queste signore sono lunghe, ma insieme il tempo passa più in fretta e soprattutto la paura è meno pesante da sopportare. «L'aspetto strano in questo contesto – sottolinea Tullio Trapasso, di NoixMilano, che scorta le signore quando sono di turno – è che questo comitato è composto quasi interamente da donne: gli uomini qui non siamo riusciti a coinvolgerli». Ma nonostante questo, l'azione è molto efficace: da quando in primavera sono iniziati i pattugliamenti degli inquilini regolari, sono già molti i tentativi di occupazione sventati. Anche se si tratta di una lotta durissima: in uno dei cortili, ad esempio, c'è uno spazio in teoria destinato a stendere i panni, ora invece è il parcheggio per moto e motorini senza targa. Inoltre, di giorno alcuni figuri che stazionano nel parco di fronte indirizzano le persone a veri tour dell'abusivismo per scegliere quale casa «fare». Il comitato però non è del tutto solo, anche se ha trovato degli alleati quantomeno singolari: «Se non fosse stato per un abusivo che però paga regolarmente – dice una portinaia – avremmo ancora quelli dei centri sociali a “fare case”: un giorno però lui li ha visti e li ha malmenati affrontandone diversi e adesso almeno loro hanno smesso».
La situazione resta però di frontiera, così tra una sigaretta e un caffè le donne si sfogano: «Ho tre figli ma li ho mandati all'estero perché qui non si può vivere – spiega Maria Palomares animatrice del comitato che ha insistito per aprire la casa dove è stato trovato il cadavere di Fulvio Marinoni – ci siamo uniti perché eravamo stanchi delle promesse non mantenute; personalmente mi batto da anni per la legalità, rischiando in prima persona, ma ora ci siamo organizzati e siamo decisi a non far passare nulla prima di tutto per una questione di giustizia: ci persone in attesa da anni e poi così ci vengono negati anche gli interventi più elementari, ma a volte basterebbe un citofono o un cancello, invece manca la volontà politica di mettere fine all'illegalità». Così tra un turno di lavoro e un impegno di famiglia, sono le donne coraggio di via Odazio a tentare di mantenere l'ordine.
di Michelangelo Bonessa
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