La nuova vita di Penati tra le campionesse Geas e lo sponsor Allianz

La presidenza di una società mito già portata allo scudetto. E la voglia di tornare in politica

La nuova vita di Penati tra le campionesse Geas e lo sponsor Allianz

Dice Filippo Penati: «A Milano c'è un undicesimo Comandamento». E tutti, all'ultimo piano del più alto grattacielo della città, si azzittiscono aspettando di sapere quale sarà questo comandamento sconosciuto. «L'undicesimo dice: Femm minga bruta figura. Vale anche per voi, ragazze. Vedete di non fare brutta figura».

Le ragazze sono ragazzone abituate a guardare il mondo dall'alto in basso, perché giocano a pallacanestro e ieri lo guardavano ancora più dall'alto del solito, affacciate ed incredule sulla terrazza della torre Isozaki, a Citylife. Non è un posto dove i comuni mortali siano ammessi. Però loro sono quelle del Geas, la storica squadra di basket di Sesto San Giovanni che adesso porterà sulla maglietta - in cambio di cinquecentomila euro in tre anni - il marchio della stessa assicurazione tedesca padrona del grattacielo. E così i signori della Allianz aprono alle ragazze le porte e le scale, che - tra un labirinto di tubi e di cavi - portano sul tetto più alto della città.

Lui, Penati, si gode la sua nuova vita, dopo le glorie e i guai che gli ha portato la politica. Chi lo conosce giura che la passionaccia lo riacciufferà presto e che sull'onda dell'assoluzione tornerà a fare parlar presto di sé. Per adesso fa il presidente della Geas Basket che in realtà a Sesto vuol dire qualcosa di più che un leader di partito, tanto la storia della polisportiva e quella del Pci sono legate a filo doppio. Infatti Penati non è il primo ex sindaco a diventare presidente delle ragazze in canottiera rossa e nera: prima di lui, nel 1978, toccò a Giuseppe Carrà, poderoso dirigente e senatore del Pci che portò la Geas a vincere la Coppa Europa femminile. Fu la prima volta che il trofeo andò a una squadra esterna al blocco sovietico (anche se i soliti spiritosi sostennero che, essendo la squadra della Stalingrado d'Italia, tanto esterna la Geas poi non era).

Vennero poi gli anni dei grandi investimenti, alla Geas sbarcò persino Valerie Still, ragazzona del Kentucky che intanto collaborava con l'Unità e seminava entusiasmo tra i tipografi scendendo dalla sua Porsche nel cortile del giornale di Gramsci. Ma la storia più recente della Geas è una storia anche di sofferenze finanziarie, come quella che all'inizio di quest'anno ha rischiato di mandare a gambe all'aria squadra e campionato: superata grazie all'abnegazione delle ragazze e all'intervento di un misterioso benefattore che ha ripianato il buco. Le ragazze si sono sdebitate conquistando il ritorno in serie A1 a suon di vittorie: «Siamo rimasti in testa dalla prima all'ultima giornata, abbiamo fatto respirare a tutti i nostri gas di scarico», dice Penati: forse il barone de Coubertin non apprezzerebbe, ma l'immagine è efficace.

Così l'ex comunista e il manager della più grossa assicurazione del mondo sorridono per i fotografi, si stringono la mano, firmano insieme i palloni: mondi incomunicanti solo nei clichè di una volta, che Penati si scrolla di dosso parlando di valori comuni, «correttezza, impegno» eccetera.

Non sarà una passeggiata, il campionato di A1, affollato di colossi come Schio, Venezia, Ragusa. Ma intanto Penati si gode il ritorno alla ribalta, dopo anni oggettivamente difficili. E sapendo che non sarebbe il primo a usare la popolarità sportiva per (ri)sbarcare in politica.

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