Cronaca locale

"Il nuovo Museo '900 che nascerà nel 2026 sarà contemporaneo"

Lanciato il bando sul secondo Arengario la direttrice sogna un polo aperto alla città

Parte  la primavera del Museo del Novecento con Andy Warhol
Parte la primavera del Museo del Novecento con Andy Warhol

«Tutto è in bilico di nuovo: non ho alcuna indicazione ufficiale circa l'apertura dei musei il 16 gennaio», dice Anna Maria Montaldo, direttrice del Polo Arte Moderna e Contemporanea di Milano. Cagliaritana, è da quasi quattro anni alla guida di tre importanti musei civici: Museo del 900, Gam Galleria d'Arte Moderna e Mudec Museo delle Culture. Il Mibact ha appena fatto trapelare l'idea di una «apertura simbolica» dei musei «con misure ancora più restrittive» (viene da chiedersi quali possano essere, oltre al distanziamento sociale, agli ingressi contingentati, con mascherina e all'obbligo di prenotazione già in essere) ed è da qui che cominciamo.

Direttrice Montaldo, stiliamo un bilancio di questi ultimi difficili mesi?

«Se mi sta chiedendo che cosa avrei fatto io se avessi potuto scegliere, le dico subito che avrei tenuto aperto il Museo del 900, la Gam e il Mudec, tutti e tre senza indugi».

Perché?

«I musei sono luoghi sicuri».

Ma vale davvero la pena tenere aperto per pochissimi visitatori?

«Il ragionamento di molti, secondo i quali non è il caso di mettere in moto una macchina così complessa per un pugno di visitatori non lo condivido del tutto. Il problema dei costi del personale e delle pulizie, ad esempio, incide sui musei grandi, molto meno per realtà piccole e medie. E poi non sottovalutiamo il ruolo dei musei».

E quale sarebbe, secondo lei?

«Sono un luogo di prossimità in cui la comunità può trovare consolazione e bellezza. Sarebbero stati un ottimo diversivo per la gente, durante il periodo natalizio. I musei devono essere al servizio del territorio».

Se lei oggi sapesse che potrebbe riaprire le sedi sabato, si sentirebbe pronta?

«Certo, le nostre procedure sono rodate: ci bastano un paio di giorni. Non vedo l'ora che questo accada: vedrete un Museo del 900 rinnovato».

Il Neon di Lucio Fontana a ridosso delle grandi vetrate dell'ultimo piano è stato la sola opera d'arte del Museo del 900 che i milanesi, camminando per la piazza, hanno potuto scorgere persino durante il lockdown. Che cosa ci aspetta adesso?

«Abbiamo ridisegnato il quarto e il quinto piano, un percorso che dagli anni Venti ci porta agli anni Cinquanta».

Come?

«La novità più importante è la presenza di Alberto Burri, grazie a un comodato d'uso siglato con la fondazione dedicata all'artista: avremo cinque sue opere. Non sono le uniche: inserite in quei piani anche due notevoli sculture di Arnaldo Pomodoro, anche queste grazie a un accordo con la sua fondazione e così è successo anche per alcuni lavori di Emilio Vedova. Questi importanti ingressi ci hanno permesso di riscrivere un altro pezzetto di storia del Novecento».

Il Museo del 900 ha solo dieci anni di vita e richiede già una risistemazione?

«Rinnoveremo nel 2021 anche il piano dedicato al Futurismo: l'idea è di far scoprire ai milanesi un museo con nuove opere e percorsi».

A proposito di novità: come cambierà il Museo del 900 con la futura estensione nel Secondo Arengario?

«Da mesi lavoriamo alla progettazione: non posso dire molto perché c'è un concorso in atto, ma il Secondo Arengario sarà un segno nel cuore della città».

Come saranno fisicamente collegate le due parti? In rete già circolano le prime ipotesi ovvero quella di un collegamento sotterraneo tra le due torri o di una passerella pensile, che sarebbe davvero dirompente. A lei quale piacerebbe?

(ride) «Preferisco non pronunciarmi».

Il Secondo Arengario garantirà un incremento degli spazi espositivi di oltre mille mq utile ad esporre cento nuove opere che andranno a sommarsi alle quattrocento attualmente visibili al pubblico. Che cosa vedremo?

«Posso per ora solo dire che sarà un museo molto contemporaneo non nel senso in cui classicamente si intendono i musei di arte contemporanea, ma nella sua concezione».

Quindi? Sarà dissimile a certi spazi cui siamo abituati, tipo la Fondazione Prada?

«Non ci siamo ispirati a un modello preciso, abbiamo pensato a qualcosa capace di dialogare ancora di più di quanto già non faccia il Primo Arengario con la piazza che connota fortemente la nostra metropoli».

E quando aprirà?

«Entro luglio avremo il progetto vincitore: sarebbe bello poter inaugurare per le Olimpiadi invernali del 2026.

La città ha bisogno di tornare a sognare e questo progetto ha il sapore di un sogno realizzabile».

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