Coronavirus

Nuovo record di guariti. E nelle terapie intensive Niguarda è "Covid free"

In un solo giorno ben 821 malati in meno. Rianimazione libera nell'ospedale milanese

Nuovo record di guariti. E nelle terapie intensive Niguarda è "Covid free"

Numero record di guariti e dimessi. Sono 821 quelli registrati ieri in Lombardia, e portano il totale a 67.197. Negli ospedali, questo sollievo si vede concretamente. Anche a Milano. All'ospedale Niguarda, per esempio, non ci sono più pazienti Covid in terapia intensiva. Lo ha annunciato ieri il governatore, Attilio Fontana. «L'ultimo paziente sta meglio - ha detto - è negativo al tampone ed è stato trasferito per concludere il percorso di guarigione. Così anche l'ultimo reparto di rianimazione Covid di Niguarda chiude». «Reparto libero - ha esultato Fontana - Oggi festeggiamo ma senza abbassare la guardia». Ed è un ulteriore, simbolico passo avanti, dopo le notizie analoghe che sono arrivate nei giorni scorsi dagli ospedali dal Pavese, dal Varesotto e anche dal Lodigiano, dove una settimana fa non c'erano più malati in rianimazione né a Casale né a Codogno.

Ieri, i dati ufficiali di Palazzo Lombardia, hanno aggiunto ai positivi altre 62 persone, 8 delle quali, però, sono risultate contagiate solo a seguito di test sierologico, mentre 13 sono quelle «debolmente positive». I pazienti in terapia intensiva sono scesi di un'unità, i pazienti di reparti diversi dalla terapia intensiva sono 297, con un calo di 24 in un solo giorno, mentre i deceduti con Covid ieri sono risultati 4 in tutta la Lombardia.

Dai dati provinciali risulta come, di questi nuovi contagi, 23 siano stati individuati nella provincia di Milano, di cui 6 nella città, 6 a Brescia, 3 in Brianza, due a Cremona, uno solo nelle province di Lecco e in quelle di Lodi e Pavia - molto colpite nelle settimane passate - e zero nelle province di Sondrio e Como. Quindici casi nuovi sono emersi a Mantova, in un piccolo «focolaio» scovato in un'azienda. Dodici positivi sono risultati in un macello del Viadanese, dove qualche giorno fa altrettanti sono stati trovati in un salumificio. Solo 5 casi, intanto, sono venuti fuori in tutta la Bergamasca, dove tiene banco il caso delle polmoniti anomale. La questione delle polmoniti del trimestre novembre-gennaio è emersa dalla risposta che l'Ats locale ha dato a un'interrogazione da Niccolò Carretta, consigliere regionale di Azione. Il caso è stato riportato e approfondito dall'Eco di Bergamo, che ha studiato l'andamento delle polmoniti nel primo trimestre del 2020 in tutti gli ospedali della provincia di Bergamo. «In Valle Seriana - ha spiegato Carretta - le polmoniti sospette da novembre a gennaio sono state più di 100 e mi chiedo, dunque, come sia stato possibile che non sia scattato un campanello d'allarme». «Ora - ha annunciato - andrò avanti per completare il quadro. Occorrono i dati di tutta la bergamasca e di tutta la Regione per trovare il vero prima focolaio, che a questo punto potrebbe anche non essere Codogno. Avere i dati corretti aiuta a ricostruire meglio l'accaduto, come doveroso». Sulla questione sono andati all'attacco il Pd e il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. «Un incremento così significativo dei casi di polmonite negli ospedali di una Regione come la Lombardia può passare inosservato?» ha chiesto il Pd, aggiungendo che «il fatto che questi dati escano solo ora» fa pensare «che fosse già noto in assessorato alla sanità che qualcosa non aveva funzionato ancora prima del famoso paziente 1».

Ha replicato il capogruppo leghista Roberto Anelli: «Cosa dovremmo fare? Chiedere conto al Pd e al governo perché, pur avendo una visione complessiva e quindi migliore della Lombardia, non abbia indagato a fondo su quelle polmoniti?».

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