Il nuovo regolamento edilizio? «È una tutela per i burocrati»

Il nuovo regolamento edilizio? «È una tutela per i burocrati»

Lo definiscono «esondate e pletorico». Dicono che si occupa di argomenti «di cui non ha competenza». «Uno strumento di tutela dei burocrati» e che viceversa relega «il progettista ad un triste ruolo di controllato e non, quale dovrebbe essere, produttore di bene comune». Con una «bulimia normativa» elencata in 165 articoli (trenta in più rispetto al vecchio) dove resta forte il pericolo di cadere nella trappola interpretativa e dove le richieste dei progettisti si chiamano «istanze» e quelle dell'amministrazione comunale «diffide». Se il nuovo regolamento edilizio doveva portare semplificazione, snellimento e chiarezza, non c'è riuscito. Almeno nella «Bozza» presentata a luglio scorso dall'assessore all'Urbanistica Ada Lucia De Cesaris (ora approvata dalla giunta), passata al vaglio di tutti coloro che si occupano a vario titolo di edilizia in città. Riuniti nella cosiddetta «Commissione interprofessionale per i rapporti con le istituzioni» hanno restituito al mittente il regolamento con tante note quanti gli articoli. E un commento, riassunto nelle parole dell'architetto Clara Rognoni, coordinatore della Commissione: «Siamo tecnici. Dateci norme chiare e semplici». Punto. «Invece in questo regolamento - tuona - non c'è neppure una visione generale, né regolamentare né urbanistica della città. Cosa vogliamo farla diventare questa Milano? Ditecelo, dateci un indirizzo e invece non lo sanno neppure loro e la fanno pezzettino per pezzettino». L'architetto Rognoni parla a nome della commissione che rappresenta 14 tra enti, ordini e associazioni professionali protagonisti dell'edilizia milanese. Dentro c'è l'ordine degli ingegneri, quello degli architetti e dei geometri, eppoi periti, avvocati, costruttori. Ognuno ha vagliato la bozza, studiata, commentata e ha redatto le sue note. La commissione ha poi inviato all'assessore solo le principali, condivise da tutti (almeno 160 appunto). A ottobre poi si sono confrontati in un dibattito organizzato da Inarch Lombardia dove ha partecipato anche uno dei tecnici del Comune che ha contribuito alla redazione del documento. E lì «ha confermato - spiegano gli architetti Giovanna Rosada e Clara Rognoni - che è stato scritto per tutelare dalle interpretazioni il personale tecnico del Comune e dunque non è stato pensato per i professionisti o per la città ma per tutelare i propri tecnici. È alienante». E comunque, a loro parere, non raggiunge neppure questo fine. La discrezionalità resta. L'idea generale è che il regolamento edilizio ora approvato dalla giunta e che dovrà passare in consiglio comunale per diventare operativo dalla primavera prossima, sia tutt'altro che d'aiuto ai professionisti. «È frutto di aggiustamenti continui rispetto a quello attuale» continuano. E va ad occuparsi di questioni che non gli competono. Un esempio. «Passa pagine a disciplinare la collocazione delle macchinette da gioco - raccontano i due architetti della Commissione - specificando che non devono stare a meno di 200 metri da “associazioni di interesse civico“. Ma come faccio io, architetto, a sapere se al terzo piano della casa a fianco c'è un'associazione di volontariato? Dovrei anche calcolare “il percorso pedonale più breve che collega i due punti“... Non è materia di regolamento edilizio questa». Non è l'unico caso. Ci sono «chicche» sottolineate in giallo e da inevitabile ilarità. «Negli interventi di manutenzione degli edifici (...) - recita la bozza - devono essere adottati accorgimenti tecnici tali da impedire la posa e la nidificazione dei piccioni (...) È invece favorita la creazione di nidi per chirotteri, rondini, rondoni o altri uccelli protetti». Agli architetti (o ai tecnici in generale) la creatività di inventarsi modelli di «divieto di sosta» atti a scoraggiare piccioni. E ancora. «Il Comune di Milano riconosce il diritto dei bambini al gioco (...) nei cortili così come nei giardini e nelle aree scoperte delle abitazioni private deve essere favorito», recita la bozza. «Ma come? si chiedono gli architetti - nel mio “spazio privato“ devo favorire il gioco dei bambini? Il regolamento non deve “favorire“, “riconoscere“: deve regolare», spiega Rognoni.

L'elenco dei delle critiche è lungo e corposo: si sovrappone al Pgt «e questo non può farlo per legge», obbliga per i proprietari di case di effettuare la manutenzione, pena dopo 5 anni di vedersi «espropriare» il bene. «Robe surreali - chiosa Clara Rognoni - Il Comune cominci a espropriarsi i suoi palazzi che necessitano di manutenzione».

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