Olio "taroccato" negli Usa. Il clan Piromalli nel mirino

Operazione dei Ros conferma che l'Ortomercato è terreno di conquista per i capitali del crimine

Olio "taroccato" negli Usa. Il clan Piromalli nel mirino

Erano riusciti chissà come a ottenere il dissequestro della loro ditta, che per anni ha continuato a lavorare all'interno dell'Ortomercato di Milano: anche se tutti sapevano che «quello» non era uno stand come gli altri. Perchè dietro lo stand nel grande mercato ortofrutticolo di via Varsavia c'erano loro, i Piromalli: uno dei clan storici della 'ndrangheta al nord, in grado di controllare vaste fette di territorio tra Milano e la Lombardia. Ma ora le società del potente clan calabrese finiscono di nuovo sotto la scure dell'Antimafia. E l'operazione del Ros dei carabinieri conferma che l'Ortomercato di Milano è uno dei terreni di conquista per i capitali del crimine organizzato, nonostante il modo un po' sbrigativo con cui l'allarme era stato liquidato quattro anni fa: «Piromalli all'Ortomercato è entrato solo due volte», aveva detto la Sogemi, la società comunale di gestione.

Il Piromalli in questione è Antonio, cinquant'anni, uno dei rampolli del patriarca del clan, Giuseppe, detto Pino oppure Facciazza". Don Pino è in carcere da tempo immemorabile, sepolto al 41 bis - il reparto di massima sicurezza - con limitazioni quasi assolute di contatti con l'esterno. Ma secondo l'inchiesta del Ros il capoclan era stato in grado di far pervenire comunque i suoi ordini all'esterno. E questi ordini riguardavano soprattutto l'attività apparentemente pulita dell'organizzazione: a partire dal commercio in grande stile di olio, agrumi e verdure tra la Calabria, la Lombardia e anche verso gli Stati Uniti, dove la famiglia si muove con dimestichezza e dove si trovano le sedi formali di una delle società operative dei Piromalli: la Global Freight Service di Inzago, azienda di trasporti e di import-export, colpita ieri dal nuovo decreto di sequestro da parte della Procura di Reggio Calabria. Insieme alla ditta di Inzago viene confiscato anche lo stand che i Piromalli erano riusciti a far dissequestrare, intestato alla Polignanese srl. Tutta roba loro.

E se l'importazione di olio d'oliva è sempre stato uno dei business di facciata delle filiali americane sia di Cosa Nostra che della 'ndraghenta, secondo il provvedimento eseguito ieri i Piromalli avevano gonfiato l'affare con una truffa bella e buona: quello che sul mercato statunitense approdava come olio extravergine d'oliva era in realtà olio di sansa, un sottoprodotto estratto dai noccioli e dalle bucce delle olive, che una volta si usava per accendere le lampade ed oggi viene impiegato come sostanza da taglio. Container carichi di olio di sansa sarebbero stati inviati tramite la Global Freight Service in America e lì commercializzati attraverso la grande distribuzione come olio extravergine. Importo dell'affare, tra il milione e mezzo e i due milioni. Ma i consumatori americani non erano le uniche vittime delle truffe dei Piromalli: anche agli acquirenti milanesi sarebbero state rifilate, attraverso lo stand all'Ortomercato, partite di agrumi di qualità così scadente da venire rifiutate persino dai mercati dell'Europa orientale.

A dettare prezzi e regole, i Piromalli provvedevano grazie al timore reverenziale che il loro stesso nome impone in certi ambienti.

Basti ricordare l'eloquente episodio del novembre scorso a Turate, quando due poliziotti appostati vicino a una ditta del clan erano stati scambiati per membri di una famiglia rivale: e presi di petto, "scendi dalla macchina, ti taglio la testa, questo è territorio dei Piromalli, sei venuto nella tana del lupo, scendi merda, scendi che vi taglio la testa, vi ammazzo». Per salvarsi, avevano dovuto esibire i distintivi da agenti.

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