Nuovo colpo di scena dalla Sala delle Asse del Castello Sforzesco, autentica «wunderkammer» dove fervono da mesi i restauratori sui ponteggi alla ricerca dell'affresco perduto; quello di Leonardo da Vinci, Genio ora assurto a mascotte di Expo, che proprio in quella stanza eseguì opere che solo adesso cominciano a disvelarsi nella loro interezza. Non solo decorazioni floreali sulla volta del soffitto e non solo «»tromp d'oeil con motivi vegetali come quelli rinvenuti alla fine dell'Ottocento dall'architetto Luca Beltrami; e non solo il Monocromo raffigurante una radice che spacca la roccia e emerso durante ulteriori lavori di restauro alla metà degli anni Cinquanta. L'idea del Maestro sarebbe stata in realtà quella di fare di quella sala una gigantesca opera murale dominata dalla prospettiva di un paesaggio lombardo assai simile a quello che si trova sullo sfondo del Cenacolo e inquadrato nella finestra dietro la testa del Cristo. In merito non ci sarebbero dubbi dopo il ritrovamente in questi mesi, grazie a sofisticatissime indagini finanziate da A2A e Arcus, di tracce del disegno preparatorio del paesaggio stesso: colline, poche case, rocce scoscese, una chiesa e un campanile. Tracce e contorni a cui sarebbero succedute campiture di colore se il maestro non si fosse interrotto e le pareti non fossero poi state ricoperte da strati di intonaco e, in tempi più recenti, addirittura da una boiserie.
Nuovi scenari dunque si prospettano a seguito delle ricerche presentate ieri dall'assessore alla Cultura Filippo Del Corno, dal sovrintendente Claudio Salsi e dai responsabili diretti del restauro, Cecilia Frosinini e Michela Palazzo. E l'aura di mistero certo aggiunge appeal ad un sito che verrà aperto al pubblico in occasione dell'Expo e sarà valorizzato da un innovativo sistema multimediale con proiezioni, ologrammi e una speciale illuminazione. Il progetto, realizzato da Culturanuova con il contributo di Intesa San Paolo, prevede lo spostamento provvisorio dei ponteggi ora presenti per tutta la durata del semestre. Per Claudio Salsi, quella di un disegno che abbraccia l'intera stanza è «un'interpretazione innovativa che mette al centro la natura ed elimina qualsiasi presenza umana, tranne quella sul soffitto della sala,decorato con il blasone di Ludovico il Moro». Per l'assessore alla Cultura Filippo Del Corno, si tratta di «un'iniziativa prestigiosa che impreziosisce il palinsesto di Expo in cittàcon un appuntamento imperdibile». La Sala delle Asse deve il suo nome a un antico documento d'archivio risalente all'epoca di Da Vinci, nel quale un «Magistro Leonardo» viene descritto «al lavoro nella camera grande da le asse», che al tempo avrebbero ricoperto le pareti. In seguito Milano subì la dominazione spagnola, il Castello fu trasformato in alloggio per i soldati e la saladivenne una stalla che fu intonacata più volte nel corso dei secoli. Si arrivò quindi alla fine dell'800 quando l'archiettto e storico Luca Beltrami trovò sotto l'intonaco il soffitto decorato da tronchi, rami, foglie e bacche di gelso realizzato da Leonardo; successivamente, alla metà del '900, ci fu il ritrovamento del «Monocromo», un disegno subito attribuito a Leonardo che ritrae, sulla parete est, una radice che spacca una roccia.
Per Cecilia Frosinini, direttore del Settore restauro Pitture Murali dell'Opificio delle Pietre Dure, è ormai chiaro che ciò che veniva finora definito monocromo «null'altro è che il disegno preparatorio che Leonardo era solito creare preliminarmente ai suoi dipinti, tracciandolo sui supporti definitivi, fossero tavole o muri».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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