Quando si dice «tenere i soldi sotto la mattonella» che non si sa mai! Difficile immaginare quanto e come i boss dell'ndrangheta, forse impauriti dall'inflazione o dalla politica monetaria dell'Ue, possano ancora seguire gli escamotage di film come Totò, Peppino e la malafemmena. Dove De Filippo, da bravo campagnolo, nasconde appunto il denaro sotto la mattonella (e il compare, che lo sa, glieli porta via). Così fa sorridere pensare a Giovanni Loiero - pezzo grosso dell'omonima 'ndrina calabrese originaria di Monasterace (Reggio Calabria) nonché tra i sei promotori e finanziatori di un'associazione finalizzata al traffico internazionale e allo spaccio di sostanze stupefacenti arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano - che conta il denaro come un «Peppino» qualunque e poi lo cela in un tubo di plastica, appunto sotto una mattonella di casa, a Reggio Calabria. Più semplice intuire che i militari abbiano faticato non poco a contare a mano un milione e 150mila euro rinvenuti nell'appartamento. Per l'esattezza ci hanno messo cinque ore visto che nessuna macchinetta contasoldi avrebbe separato le banconote incollate l'una all'altra dall'umidità rimediata nel nascondiglio sicuro per eccellenza (insieme al materasso, s'intende!). Va detto che, sotto il pavimento, il boss teneva anche un giubbotto antiproiettile, un lingotto d'oro da un chilo e un fucile di precisione ad aria compressa
A dare inizio alla lunga operazione dell'Arma battezzata Mar Jonio - che ha scoperchiato la pentola bollente un importante di un traffico di cocaina purissima che tocca Lombardia, Piemonte, Lazio e Calabria, Sicilia passando per Olanda, Germania, Spagna, Brasile e conclusasi ieri - è stata un'auto incendiata, trovata in stazione Centrale nel maggio del 2011. Quella macchina, infatti, apparteneva a una persona che era in debito con una importante banda di trafficanti internazionali di droga calabresi, legati alla cosca 'ndagraghetista Ruga-Loiero-Metastasio appunto di Monasterace, ma con base logistica a Milano e provincia.
Lo stupefacente arrivava dal Brasile alla Spagna e da lì veniva caricato su aerei diretti all'aeroporto di Linate, dove veniva spostato a Lainate (una delle basi logistiche della banda insieme a Trezzano sul Naviglio) e poi nelle raffinerie (una importantissima scoperta 4 anni fa a Settimo Milanese dove vennero sequestrati 180 chili di cocaina pura e 230 di sostanza da taglio, ndr) dentro sacchi di colla per lavorazioni edili. Una volata tagliata, la droga veniva poi spedita in tutta Italia e in Germania, nascosta in auto rubate. Lo spaccio partiva così dall'hinterland di Milano per poi raggiungere le «piazze» di Roma, Salerno, il resto d'Italia e la Germania. In media venivano stoccati 100 chili di coca al mese, per 3,5 milioni di euro.
«La loro era una rete stabile di clienti affidabile - ha spiegato il tenente colonnello Michele Miulli, comandante del nucleo investigativo di
Milano - si trattava di gente conosciuta, con un curriculum criminale di tutto rispetto. Per questo la banda è riuscita a mantenere la segretezza, senza cadere nei passi falsi che di solito fanno i piccoli spacciatori».PaFu
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