«Patto con i moderati per Albertini»

Ed eccolo l'asso nella manica di Formigoni. Una coalizione allargata ai moderati e Gabriele Albertini come suo successore. «Così potremo vincere» annuncia il governatore, che oggi, a sorpresa, darà inizio alla campagna elettorale. E per cominciare a parlare del suo progetto di sbarramento a Roberto Maroni Formigoni sceglie proprio Varese, roccaforte del Carroccio. La posizione del governatore è chiara: «La Lombardia non va lasciata nelle mani della Lega». Quindi meglio non indire le primarie di coalizione perché il candidato deve essere targato Pdl. E proprio ora che Maroni sprona a procedere uniti, Formigoni sbatte la porta. Guido Podestà frena: «È importante mantenere l'alleanza con la Lega». Poi sui candidati avverte: «Se la scelta ricadesse su una personalità del Pdl ritengo che la figura più idonea sia l'attuale coordinatore regionale, Mario Mantovani».
Formigoni intanto prepara la nuova giunta, che lo accompagnerà nella fase di «transizione» e sarà presentata lunedì. Tuttavia l'annuncio non verrà fatto davanti all'aula del Consiglio regionale. Ad esplicita richiesta di Formigoni, il presidente Fabrizio Cecchetti (Lega) ha risposto picche e non ha convocato l'assemblea. Ma la «scortesia istituzionale» non è l'unico sgambetto del Carroccio al governatore. I rapporti sono tesi anche in commissione Affari istituzionali, dove è in corso la discussione sulla nuova legge elettorale e sull'abolizione del listino (ultimo provvedimento da portare in aula, si pensa, giovedì). La situazione è complicata ed al momento sembra non esserci nessuna intesa sulla legge. Il Carroccio mette in scena il più classico degli ostruzionismi: 280 emendamenti perdi tempo. La commissione inoltre ha deciso di non raggruppare le tre proposte sulla legge ma di discuterle distintamente, una per una: altro escamotage per temporeggiare messo in atto anche con l'ammiccamento di parte del Pdl.
Insomma, in Regione nessuno muore dalla voglia di andare alle urne in tempo brevi. Gli unici che spronano Formigoni a dare le dimissioni subito senza aspettare il Consiglio sono quelli dell'Udc. Per il resto la Lega punta a rimandare il più possibile. «Anticipare il voto ci costerebbe come 50 Fiorito» sostiene Stefano Galli. Resta poi un altro nodo da sciogliere: quello dei mal di pancia all'interno dell'area laica del Pdl che si rifiutano di dimettersi. «Lo faremo solo sotto esplicita richiesta del partito, non siamo in mano a Formigoni» spiegano i cinque «dissidenti». Tuttavia lo stesso Formigoni precisa che la decisione delle dimissioni di gruppo è stata presa durante una riunione con il direttivo del Pdl, compreso il coordinatore Mario Mantovani. «Quindi - conclude Formigoni - c'è la massima compattezza». E anche con Alfano, sostiene Formigoni, c'è sintonia. «A differenza di quello che qualcuno vorrebbe far credere - insorge - non sono affatto solo, né abbandonato. Vedrete».

A dar contro al governatore è Bruno Tabacci: «Formigoni avrebbe dovuto dimettersi da molti mesi». Sostegno arriva invece da Aldo Brandirali, ex assessore della giunta Albertini, che chiede di mollare la Lega: «Formigoni sia promotore del nuovo corso, facendola finita con il gli alleati estremisti».

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