Pd ai giardini Montanelli. È caos

Riunioni, rinvii e Palazzo Marino è nel panico per la Festa dell'Unità. I dubbi: "È un'area di pregio"

Pd ai giardini Montanelli. È caos

Una decisione più difficile del previsto, sofferta, destinata a scatenare un putiferio in città, tanto che dopo le perplessità mediatiche la prima riunione interassessorile si è conclusa con una fumata nera. Rinviata a venerdì la decisione sulla concessione dell'autorizzazione per l'organizzazione della festa dell'Unità nazionale ai Giardini Montanelli. Riuniti a Palazzo Reale la titolare ai Lavori pubblici Carmela Rozza, la collega a Verde e tempo libero Chiara Bisconti, il collega al Commercio Franco D'Alfonso, all'Ambiente Pierfrancesco Maran (Pd), alla sicurezza Marco Granelli (pd) e alla cultura Filippo Del Corno, e una rappresentanza della sovrintendenza per valutare le richiesta di occupazione di suolo pubblico in aree di pregio.

Gli assessori, la maggioranza dei quali del Pd, hanno deciso di attendere gli approfondimenti tecnici «in particolare per quanto riguarda l'impatto sul verde, trattandosi di un'area di pregio», hanno precisato gli assessori Rozza e Granelli (Pd) lasciando la riunione. «Sono verifiche tecniche necessarie per la richiesta del Pd come di chiunque altro», sottolinea Rozza. Tramontata l'ipotesi di piazza Gae Aulenti, lo spazio più «in» al momento, simbolo della Milano 2.0, «per le difficoltà logistiche» assicura Pietro Bussolati, segretario cittadino del Pd, il partito di Renzi ha depositato agli uffici la richiesta per i Giardini Pubblici, battezzati nel 2002, Giardini Montanelli. Costo? «Uguale, 120mila euro per ciascuna delle location» garantisce Bussolati. Un'area che se mette minaccia la quiete dei residenti rispetto all'agorà circondata dai grattacieli di Porta Nuova, certamente presenta molte criticità. A partire dal fatto che si tratta di un'area storica e di pregio - due i vincoli ambientale e monumentale - (i giardini sono stati progettati dal Piermarini nel 1780 per volere dell'arciduca Ferdinando d'Asburgo-Este, mentre l'ampliamento fu realizzato dall'architetto Balzaretto nel 1856-1862, seguendo la nuova moda del giardino paesaggistico all'inglese). Protetto dalle belle arti anche il seicentesco palazzo Dugnani, con i suoi affreschi del Tiepolo, ora sede del Museo del Cinema.

Per non parlare del fatto che il restyling firmato dalla giunta Albertini, costata cinque milioni di euro, risale a meno di dieci anni fa.

A destare più di un dubbio il pensiero che la festa nazionale democratica, quella a base di base di salamelle e frittelle, liscio e concerti rock, birra, gadget e chi più ne ha più ne metta, possa essere ospitata sotto nel cuore della città, in un'area per di più vincolata. A rischio il carattere monumentale del complesso, il verde e le nuove aiuole, il traffico e la sicurezza. Ma gli assessori arancioni non si scompongono: «La decisione è stata rinviata a venerdì perché ancora non è arrivato il parere tecnico degli uffici, in particolare del settore verde: manca la planimetria che permette di individuare la collocazione precisa del palco e dei vari stand. «La festa di epoca renziana è molto ridotta rispetto a un tempo» replicano, e quindi gli spazi dei giardini pubblici, seppur esigui se confrontati con la versione nazionale della Montagnetta o del parco Sempione, sono sufficienti. E poi si può richiedere un ulteriore taglio agli stand.

«Ho richiesto - aggiunge Carmela Rozza - una fideiussione bancaria che possa fare da garanzia per qualsiasi danno venga arrecato al parco o ai suoi manufatti». Dalla parte del Pd, il precedente della festa di Wired , che secondo alcuni non ha paragoni con la kermesse a base di gnocco fritto e mazurka.

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