Una vittoria schiacciante quella del Pd. Ma il primato elettorale di Matteo Renzi è il segnale di un nuovo blocco politico-sociale destinato a dominare in futuro? Uno sguardo ai dati di Milano sembrerebbe suggerire il contrario. Il Pd ha vinto le elezioni europee incassando un numero di voti che in percentuale corrisponde a un inedito 45%. Un confronto con i numeri delle Politiche, tuttavia, è illuminante. Il Pd del Renzi trionfante ha ottenuto praticamente lo stesso numero di voti del Pd di Walter Veltroni nel 2008 (sconfitto con onore dal Pdl alle politiche). Domenica sono stati 257mila i milanesi che hanno fatto la croce sul simbolo del Pd; nel 2008 erano stati 259mila. Ovviamente questi 257mila valgono molto di più perché i votanti - trattandosi di elezioni europee e non politiche - sono stati molti meno stavolta: appena 584mila (affluenza al 60%) contro i 784mila di 6 anni fa (affluenza all'80%). Tuttavia il dato colpisce. E viene confermato facendo un altro passo indietro: la cifra elettorale del Pd 2014 assomiglia molto a quella che nel 2006 raccolse l'Ulivo insieme ai suoi alleati stretti (esclusa la sinistra radicale): Ulivo e Rosa nel pugno presero 269mila voti. L'impressione, dunque, è che la Milano che ha votato in massa Pd sia la stessa che negli anni passati ha scelto Romano Prodi e Veltroni. La differenza, rispetto agli altri partiti, l'ha fatta la capacità di mobilitazione, la determinazione con cui tutti i potenziali elettori si sono mossi - forse per convinzione, forse per escludere una vittoria del Movimento 5 Stelle che alla vigilia del voto molti davano per probabile. Dal 2006 c'è ovviamente la novità-Grillo. È evidente che una parte dell'elettorato pd (quello di Prodi e Veltroni) è passato ai 5 Stelle (soprattutto giovani). E come ha fatto Renzi a rimpiazzare questo flusso in uscita (meno pesante che nel 2013 ma comunque pesante rispetto al quadro del 2006-2008)? Anche qui i dati di Milano suggeriscono un'ipotesi, suffragata da tante analisi e comprensibile alla luce delle vicende politiche recenti. I voti che dal 2006-2008 l'Ulivo-Pd ha «regalato» a Grillo, Renzi li ha rimpiazzati coi consensi centristi, dissanguando «Scelta civica». Il partito di Mario Monti appena un anno fa non era andato poi così male a Milano, raccogliendo 98mila voti (il 14%). Ne sono rimasti solo 4.800 (neanche l'1%). Emblematico il caso della zona 1, dove Monti fece un exploit raggiungendo il 24% (13mila voti). Stavolta il tutto si è ridotto a 714 voti (l'1,6%). I voti di Renzi a Milano e in Lombardia, quindi, sembrano quelli del centrosinistra storico sottratti quelli andati a Grillo, sommati ai voti di Monti. Pd+Monti erano a circa il 45% nel 2013, guarda caso la percentuale del Pd oggi.
I migliori esperti di flussi elettorali, come Alessandra Ghisleri di Euromedia Research, ridimensionano il fenomeno del passaggio diretto da Forza Italia al Pd. Se il centrodestra ottenesse in futuro i voti del 2008, vincerebbe anche contro il Pd di oggi, che ha fatto il pieno in termini assoluti. La scommessa è una mobilitazione altrettanto efficace.
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