Più rispetto per la divisa. I vigili non sventolino la bandiera del gay pride

Un "ghisa" ha esibito l'arcobaleno al corteo. Il consigliere Forte: "È grave, era in servizio"

Più rispetto per la divisa. I vigili non sventolino la bandiera del gay pride

Il rischio è di essere bacchettoni. Uno dei rischi. Perché l'altro è invece ben riassunto in un vecchio proverbio: «Troppa confidenza guasta la riverenza...». È il dibattito gira tutto intorno a questi concetti. Vale ancora la divisa? Chi la indossa è tenuto a mantenere un giusto contegno? La deve indossare con decoro? Come un «manichino» che quando è in servizio mette da parte le sue idee, la sua fede, le sue passioni per rappresentare solo l'istituzione? E ancora. Se non rispetta la divisa chi la indossa come si può poi pretendere che poi a farlo siano tutti gli altri? Tante domande, non tutte, che però danno il senso di una polemica che si è scatenata dopo il Gay pride, il corteo che sabato scorso ha attraversato il centro della città. E così la foto postata sui social dall'assessore alla Sicurezza e alla Polizia locale Carmela Rozza che ritraeva un vigile milanese con la bandierina arcobaleno simbolo del gay pride nella cintura della pistola è diventata un caso. Per il Comune rappresentava il grande successo, la straordinaria partecipazione alla manifestazione: «Un grazie a tutte le donne e a tutti gli uomini della Polizia locale in servizio oggi per questa grande festa dei diritti...» commentava l'assessore Rozza. Ma la bandierina arcobaleno nella cintola non a tutti è sembrato un messaggio da condividere. La divisa è la divisa e i vigili in quel corteo erano in servizio per controllare che tutto andasse come doveva andare e non per partecipare. «È un fatto gravissimo che un agente della Polizia locale in servizio abbia indossato e si sia fatto fotografare con la bandierina arcobaleno - attacca il consigliere comunale e capogruppo di Milano Popolare Matteo Forte - Se l'agente in questione avesse voluto aderire alla manifestazione l'avrebbe potuto fare benissimo chiedendo un permesso e sfilando da privato cittadino. Da che mondo è mondo le forze dell'ordine durante gli eventi pubblici si schierano solo per garantire la sicurezza a tutti, non pro o contro i contenuti e la cause eventualmente promosse in quella occasione. È un precedente gravissimo. Chiederò spiegazioni all'assessore Rozza con un'interrogazione, per capire se non siamo di fronte anche a violazioni regolamentari».

Violazione dei regolamenti o meno ciò che conta è un principio. Anche se i tempi cambiano e rispetto qualche lustro fa sono cambiati parecchio. C'erano una volta appelli e contrappelli nei piazzali delle caserme per controllare che militari, agenti, ausiliari di polizia fossero perfettamente in ordine anche prima di una libera uscita: divisa, scarpe lucide, capelli con la sfumatura alta e barba ben fatta. Guai a sgarrare. Poi sono arrivate le riforme, le riforme delle riforme e anche qualche divisa più sdrucita, qualche barba non fatta, qualche bottone sbottonato delle camicie d'ordinanza. Sono arrivati anche i tatuaggi. Liberi di pensare che sia meglio o sia peggio, che sia un segno di democrazia, che sia un passo avanti. Liberi di pensare che, come con i figli, valga più fare i genitori «amici» che non i genitori-genitori capaci di mettersi di traverso e di scontrarsi quando serve.

Così il ghisa con la bandierina arcobaleno nella cintola sarà anche un segno dei tempi che strappa gli applausi del momento, poi però vietato lamentarsi se bighellonatori di professione, adolescenti rivoluzionari, truppe più o meno sobrie delle varie movide cittadine, balordi e sfaccendati quando vedono una divisa non hanno più nessun timore. C'era una volta il fascino delle divisa e oggi non c'è più. Ma forse un po' ci manca...

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