Quanti sono quarantadue anni di botte? Come si mettono in fila, uno dopo l'altro, quindicimila giorni in cui il ragazzo di cui un giorno ti sei forse innamorata diviene il tuo aguzzino, e ti toglie la forza di ribellarti, di immaginare che una vita diversa possa esserci? Domande che forse nessun pubblico ministero farà mai alla vittima di questa storia. Ma che saltano fuori inevitabili dalle carte aride della polizia giudiziaria.
Ieri mattina i poliziotti del commissariato di Pero hanno arrestato Arturo Giovanelli. Sessantadue anni, piccolo imprenditore. Chi lo ha incontrato, dice che non è un rozzo. Un brutto carattere, però, cattivo anche nei rapporti personali. Ma questi difetti di Arturo li conoscevano tutti. E in molti sapevano che la vittima preferita degli attacchi di ira dell'artigiano era sua moglie. Ma tutti hanno taciuto. Lei, plagiata e succube. Ma anche gli altri: i parenti di Arturo e, incredibilmente, anche i parenti di lei. Avrebbero continuato a tacere chissà quanto. Ma il 17 ottobre scorso il marito padrone è andato aldilà dei limiti. Ha sparato nel ginocchio alla moglie. Erano in cucina, lui aveva messo sul tavolo la pistola a tamburo che è autorizzato (da chi? e con quali verifiche?) a tenere in casa. La moglie ha obiettato qualcosa, su quello strumento di morte messo sul tavolo da pranzo. E ad Arturo è venuto uno dei suo attacchi di ira, moltiplicato per dieci. Ha preso un fucile ad aria compressa, l'ha piazzato a bruciapelo sul ginocchio della povera donna, e ha tirato il grilletto, ha detto in ospedale.
E' stato in ospedale, nel corso degli inevitabili contatti con la polizia, che dalla vittima sono arrivate le prime ammissioni: timide, quasi strappate, come se fosse lei a doversi vergognare. Il quadro si è fatto man mano più preciso. Al momento delle dimissioni, il commissario Carmine Gallo ha capito che era impensabile che la donna tornasse a vivere tra le stesse mura del suo persecutore. L'hanno accompagnata fino a Brescia, in un appartamento della famiglia d'origine dove pensava di poter essere sicura; il giudice intanto ha proibito con un'ordinanza a Arturo di avvicinarsi alla donna. Non è bastato. L'ira di Arturo è arrivata fino a lì. Così ai poliziotti del commissariato di Pero un giorno è toccato ricevere la telefonata della donna terrorizzata. «Mi ha trovato, è qui fuori dalla porta». Quella volta, alla fine, Arturo si arrese e se ne andò. Ma la sua scelta di infischiarsi degli ordini dei giudici, di non dare tregua alla caccia alla moglie, è stata per la procura di Busto il segnale che non si poteva più aspettare. Richiesta di ordine di custodia, subito firmata dal giudice. Ieri mattina lo vanno ad arrestare per lesioni personali gravi e per maltrattamenti in famiglia. L'ordine di cattura racconta un elenco quasi interminabile di aggressioni: schiaffi, pugni, calci, testate. «Sarà successo qualche volta che abbiamo litigato», minimizza lui quando lo arrestano. E invece per lui era prassi costante.
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