Cinque anni fa, si godeva la pensione. «Portavo a spasso il cane, giocavo a tennis». Poi Pietro Leotta, ex dirigente dazienda, un giorno ha bussato alla porta dei City Angels: «È stato mio figlio a convincermi, perché non fai volontariato?. Ma alla mia età, mi son detto, figurati se mi prendono. Ci sono andato poco convinto». Invece, lo hanno «arruolato» subito e oggi, a 72 anni, è il più anziano del gruppo, ma anche il vicepresidente della sezione milanese. Nome in codice: Klaus. Dopo tre anni secchi sulle strade, ora gestisce soprattutto la parte amministrativa dellassociazione, ma non si tira mai indietro se cè da pattugliare zone a rischio. Anche per sé, perché ci si può trovare di fronte, come è capitato a Pietro, un senzatetto ubriaco e rissoso che spacca una bottiglia e te la punta al collo. E ci vuole self control per non farsi prendere dal panico e non reagire con violenza. Ma a chi manca questo requisito, resta fuori dai City Angels: «Ci piacciono le persone forti, ma non aggressive». La selezione è severa; un mese di corso (due allanno), 25-30 persone alla volta. Cè pure la prova su strada. Chi entra? «Le persone più sicure di sé e quelle che si dimostrano le più equilibrate psicologicamente. Non serve gente che pensa di dover sistemare il mondo, e se un volontario si crede Rambo, lo allontaniamo subito. Qualche volta è successo». No alla violenza, ma per tutelarsi devono seguire almeno un corso di autodifesa e imparare le regole base per le situazioni a rischio («ad esempio, se siamo in squadra parla solo il capo»). E ci sono i pericoli quotidiani, «abbiamo a che fare con tossici, malati di Aids, a volte gente ferita da medicare, cè sempre il rischio di essere infettati. Ma una volta a casa una doccia, ci si disinfetta, e il giorno dopo si torna in strada».
Pietro-Klaus rifiuta di essere chiamato un «rondista»: «Siamo unassociazione di volontariato che aiuta il prossimo, senza chiedere la carta didentità, chi ha bisogno può appartenere a qualunque etnia e religione». E a chi in questi giorni polemizza contro le sentinelle della sicurezza ribatte: «Noi non andiamo in giro a manganellare, non siamo sceriffi. Se ci troviamo di fronte a persone che oltrepassano i limiti cerchiamo di convincerle, con le parole e le buone maniere, a cambiare atteggiamento». Le giacche rosse cercano sempre di pattugliare le strade con squadre multilingue: «Un arabo, un italiano, un volontario proveniente dallEst. Se avviciniamo una persona in difficoltà, si fa avanti langelo della stessa etnia, così si crea subito un rapporto di fiducia. Una tecnica che dà sempre ottimi risultati».
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