Chi vorresti conoscere? «Il Dalai Lama». Così rispondeva in campagna elettorale Giuliano Pisapia, interrogato in piazza Duomo da Claudio Bisio. Ma adesso che Tenzin Gyatso, leader spirituale del Tibet, si avvicina a passi veloci, Milano prepara un clamoroso voltafaccia al Dalai Lama. No alla cittadinanza onoraria che pure era stata preparata da tempo con un documento unanime, sottoscritto dai capigruppo di tutti i partiti in consiglio comunale. Il motivo? Realpolitik. Le pressioni cinesi hanno convinto la sinistra che sia meglio non sfidare il Dragone. E la battagliera delibera che ricordava l’invasione comunista del Tibet e il genocidio della popolazione tibetana è stata prima edulcorata, falcidiando i riferimenti alla Cina, e poi stoppata con un voto del consiglio comunale.
La votazione si è chiusa con 16 favorevoli alla sospensione, 12 contrari e 3 astenuti. A frenare sull’onorificenza al Dalai Lama, che sarà a Milano dal 26 al 28 giugno, le forze che sostengono il sindaco, con il Pd in prima fila. Si sono schierati contro lo stop Pdl, Lega, il radicale Marco Cappato, il cinque stelle Mattia Calise e il pd David Gentili. I tre astenuti sono il sindaco, Giuliano Pisapia, il presidente del consiglio comunale, Basilio Rizzo, e il pd Ruggero Gabbai («appartengo a una minoranza, quella ebraica, che ha sempre tutelato il principio dell’autodeterminazione»).
Pisapia riceverà il Dalai Lama martedì 26 giugno a Palazzo Marino, dove i consiglieri attendono un intervento in aula di Tenzin Gyatso. «Come sindaco lo ricevo e credo che sia anche un segnale importante» ha detto Pisapia in consiglio, dove è arrivato sospinto dalla protesta dell’opposizione che lamentava la sua assenza. «Ancora una volta il sindaco dimostra la sua inadeguatezza a questo ruolo» le parole del capogruppo del Pdl, Carlo Masseroli.
Pisapia in aula ha ammesso le pressioni. E ha raccontato di una cena in cui la console cinese gli disse che la cittadinanza onoraria al Dalai Lama sarebbe stata interpretata come «un atto di inimicizia verso il popolo cinese». Pisapia avrebbe risposto che intenzione del consiglio comunale era «celebrare l’impegno per la pace del Dalai Lama». Ma alla fine ha valutato preferibile lasciar perdere: «Siamo autonomi ma non vogliamo creare inimicizie».
L’ambasciata cinese ha stabilito contatti anche con i vertici del consiglio comunale. E i timori di rappresaglia non sono mancate. La Cina è una potenza economica prima ancora che politica, gli affari con la Repubblica popolare cinese coinvolgono parecchi imprenditori. E poi c’è l’Expo: Shanghai è la città che nel 2010 ha passato il timone a Milano e un boicottaggio è ipotesi che allarma.
Resta la questione politica, richiamata da Pdl e Lega in aula, dove si è parlato di «ricatto» e «paura». Sia il consigliere del Pdl, Pietro Tatarella, che l’ex assessore ai Servizi sociali, Mariolina Moioli, hanno ricordato i «cristiani perseguitati in Cina». Basilio Rizzo non nasconde il desiderio di compromesso: «Quel che pensa un grande popolo è da tenere in considerazione. Il nostro non sarà un riconoscimento politico al Dalai Lama, ma alla sua persona, in senso spirituale e morale».
La cittadinanza onoraria al Dalai Lama è stata concessa da diverse città, a partire da Roma nel febbraio 2009. Il sindaco, Gianni Alemanno, commentò la decisione come «la nostra rivolta morale contro l’ingiustizia» e parlò di «Tibet libero». Tenzin Gyatso è stato proclamato cittadino onorario di Venezia, Torino e Bologna. E persino di Assago, dove sorge il Forum che ospiterà le sue lezioni.
Il sindaco, Graziano Musella, ha preso in controtempo Pisapia, e il 28 giugno consegnerà l’onorificenza al Dalai Lama.Contro Pisapia si è accesa anche la protesta della comunità tibetana di Milano e su facebook la rivolta del suo popolo arancione.
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