In un certo senso, è la giustizia che si rassegna. Nel chiedere le attenuanti generiche per Riccardo Bossi - il figlio primogenito del senatùr è a processo con rito abbreviato per quasi 160mila euro del partito utilizzati per spese personali - la procura spiega che «il malcostume era così radicato nella gestione del denaro da parte degli amministratori da abbassare la piena consapevolezza del disvalore» dei fatti. Insomma, così facevano tutti e questo spiegherebbe (o perlomeno, attenuerebbe) le leggerezze del giovane Bossi.Ma, attenuanti a parte, il pubblico ministero Paolo Filippini ha chiesto un anno di carcere e 850 euro di multa, pena sospesa, per l'accusa di appropriazione indebita. Nella sua requisitoria, davanti all'ottava sezione penale del Tribunale, il pm ha citato come riscontri alla sua ipotesi intercettazioni e documenti, tra cui la cartelletta con la scritta «The Family» sequestrata nell'ufficio romano dell'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, imputato con rito ordinario con padre e fratello, Umberto e Renzo «il Trota» Bossi. Cartelletta che avrebbe rappresentato «spese particolarmente scomode».«Riccardo Bossi non ha mai chiesto soldi ad alcuno perché è sempre stato autosufficiente - ha sostenuto ieri in aula, nel corso della sua arringa, Agostino Maiello, difensore dell'imputato -. Solo per un anno e mezzo, quando gli saltarono alcuni contratti di sponsorizzazione nel campo dei rally automobilistici, chiese al padre aiuto, pensando che quelli fossero i soldi di famiglia». Ancora, secondo il legale, Riccardo Bossi «mai avuto un rapporto diretto con Belsito. Dato che anche per lui era difficile parlare con il padre, sempre impegnato con la politica, si rivolgeva alla sua segretaria, la signora Loredana, o lasciava i documenti» per la richiesta di quanto gli serviva, «in segreteria in via Bellerio. Ma - ha ripetuto ancora l'avvocato - pensava fossero soldi del papà». Il legale ha chiesto innanzitutto al giudice monocratico di non addebitare a Bossi jr l'aggravante contestata e di conseguenza di dichiarare l'estinzione del reato per «improcedibilità».
In subordine ha chiesto l'assoluzione dell'imputato per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova o infine in caso di condanna che questa sia al minimo della pena.La sentenza è prevista per il 14 marzo. Francesco Belsito, Umberto Bossi e il figlio minore del senatùr Renzo hanno scelto, invece, il rito ordinario per il procedimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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