Cristina Bassi
È finita al Giambellino la fuga decennale del trafficante di uomini. Lo scafista, un 38enne albanese, è stato arrestato martedì sera dai carabinieri in piazza Tirana. Era latitante dal 2006.
Piazza Tirana non ha portato fortuna al cittadino albanese. Il super ricercato, e pregiudicato, si aggirava tranquillo per strada ed è stato fermato per un normale controllo dai militari del Nucleo radiomobile. Alla richiesta dei carabinieri ha subito tirato fuori i documenti. Un passaporto albanese, una patente rilasciata in Grecia e un permesso di soggiorno appena scaduto. Per poi esibire prontamente quello da poco rinnovato. Le carte sembravano regolari in tutto, ma nei militari si è acceso un dubbio che li ha portati a fare ulteriori verifiche. I sospetti sono rimasti anche quando al controllo delle impronte digitali è spuntato un nome - poi risultato un alias - che non corrispondeva ad alcuna pendenza penale.
«L'occhio di chi lavora in strada», dicono in via Moscova. L'intuizione si è rivelata azzeccata. I carabinieri hanno spulciato il data base fotografico dell'Interpol e hanno trovato la faccia dell'uomo che avevano davanti. Anche le incongruenze notate nei documenti a un primo esame sono state confermate. L'analisi con il microscopio e con la lampada Wood (uno strumento usato anche per riconoscere le banconote contraffatte), ha accertato che erano falsi. Il passaporto e la patente falsificati, i permessi di soggiorno rubati in bianco e compilati con le generalità delle altre carte. Incrociando i dati con quelli dell'Interpol, il fuggitivo è stato identificato: si chiama Elton Tafiri. E a suo carico c'era un mandato di cattura internazionale per una condanna definitiva a 25 anni di carcere inflitta dal Tribunale albanese di Valona per traffico di esseri umani finalizzato all'immigrazione clandestina.
La condanna è del 2006 e Tafiri era ricercato da allora. È responsabile della morte di 21 persone affogate durante una traversata nel gennaio del 2004. L'ex latitante conduceva il gommone partito dall'Albania e diretto in Italia, poi naufragato nel Canale d'Otranto. Si salvarono solo nove persone, di cui sei scafisti. Tafiri era riuscito a nascondersi per dieci anni grazie a una efficiente rete di contatti, che gli ha fornito protezione e documenti così ben confezionati. È probabile che non si trovasse a Milano - o in Italia - dall'inizio. Non è chiaro da quanto tempo fosse in città, ma non era di passaggio. Anche perché non aveva con sé borse o valigie. Nel quartiere doveva avere un punto d'appoggio, che per ora non è stato identificato. Potrebbe essere arrivato in Italia attraverso la Grecia, mentre le carte che aveva possono essere state falsificate da noi o in terra ellenica.
Dopo l'arresto è stato portato a San Vittore, in attesa della richiesta di estradizione. Risponde anche di ricettazione e possesso di documenti contraffatti. Sul caso è scoppiata la polemica politica, il centrodestra parla di «rischio banlieu».
«Ci sono pure gli scafisti nelle periferie ormai allo sbando», commenta Riccardo De Corato (Fdi). E Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza Italia: «Milano ha bisogno di legalità. La sicurezza passa per questa via. Non si può più permettere che si lasci spazio all'abusivismo e al degrado».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.