Felice di «scapricciarmi». Così scriveva nel XVII secolo Jan Brueghel, nel suo italiano più eloquente di ogni ortografia, al suo mecenate Federico Borromeo. Il cardinale esortava il pittore a concludere la sua «quadruplice» fatica dedicata ai «quattro elementi», Terra, Aria, Acqua e Fuoco. E lui, seconda generazione della prolifica dinastia di artisti Fiamminghi, con entusiasmo imbracciò il pennello. Col pennino si fece, invece, aiutare a scrivere dall'amico Rubens: et voilà ad un italiano maccheronico, corrisposero quattro fra i capolavori più importanti dell'Ambrosiana.
Altro che «capricci». Oltre duecento anni fa, però, il prezioso «poker» attirò l'attenzione di Napoleone che se li portò a Parigi insieme al Codice Atlantico e al Virgilio di Petrarca a Parigi. Questi ultimi, grazie al Congresso di Vienna rientrarono in Italia, ma due tele di Brueghel restarono per sempre a Parigi. «Dopo due secoli, grazie ad un rinnovato dialogo - spiega il prefetto Franco Buzzi - Aria e Terra si ricongiungono ad Acqua e Fuoco».
Si tratta, ca va sans dire, di uno scambio temporaneo: a Milano oltre ai due oli di Brueghel arriva anche il Francesco I di Tiziano, collocato nella prima sala insieme ad altri dipinti di Vecellio; l'Ambrosiana in cambio «presta» al Louvre due tele del Luini. Sulla rotta di questo new deal ecco dunque il Brueghel ricostituito in «Rizomata», nome esoterico per una mostra gioiello pensata da Marco Navoni, dottore responsabile della Pinacoteca. «Rizomata va alle radici, appunto, dell'idea classica dei quattro elementi fondanti l'Universo», spiega Navoni. «Conosci la quadruplice radice di tutte le cose!», esortava Empedocle nel V a.C. E ancora la sua idea «docet». Il progetto di Federico Borromeo per la «sua» Pinacoteca era chiaro: accostare capolavori di tema sacro ad altri di impianto naturalistico in una sorta di Umanesimo cristiano che, muovendo dalla creazione, spiegasse l'evoluzione delle cose. La mostra allestita all'ingresso della percorso espositivo tradizionale della Pinacoteca è essenziale: accanto alle quattro allegorie non poteva mancare la lettera entusiasta di Brueghel. Strizza l'occhio alla tecnologia l'allestimento video che offre «zoom» in alta definizione sui dettagli dei quadri (olio su rame 46x 66) e che seppur virtualmente anche oltre la mostra perpetrerà il ricongiungimento delle 4 opere.
Disposte in ordine cronologico come il maestro le realizzò fra 1618 e 1621, da sinistra a destra, ecco il Fuoco che può essere distruttore o creatore nelle mani dell'uomo, quel «faber ipsius fortunae» di rinascimentale memoria. Segue la Terra, immaginata come un eden in cui Adamo, Eva e il Dio creatore passeggiano in lontananza circondati da animali di ogni foggia. Medesima perizia si applica al mondo del mare nel quadro dedicato all'Acqua dove una brulicante «zuppa» di crostacei e molluschi fa la gioia di tre putti che vi giocano. Infine l'Aria con un putto che esplora al binocolo l'etere mentre una figura mitologica femminile regge una sfera armillare.
La primavera è fiamminga anche a Como dove la dinastia Brueghel è sbarcata a Villa Olmo con un imponente ed imperdibile corredo di 70 dipinti e 30 incisioni, curato da Sergio Gaddi (fino al 29 luglio, 10 euro, grandimostrecomo.it, tel 031 571979).
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