Primerano: «Abbiamo bisogno di aiuto. Negli hotel a rischio 100mila dipendenti»
Il presidente lancia l'allarme per un settore che ora rischia il collasso
Il presidente lancia l'allarme per un settore che ora rischia il collasso

L'epidemia del coronavirus uno tsunami che ha colpito pesantemente anche il turismo e i settori che se ne occupano. Nel pieno della bufera, insieme a tutti gli altri c'è FederAlberghi Lombardia con il suo presidente Fabio Primerano. Per dare un'idea di quel che succede, il manager fornisce qualche cifra: «Basandosi sul confronto coi dati del 2019 a marzo e aprile di quest'anno, solo a Milano, il mancato fatturato è quantificabile intorno ai 350 milioni di euro. A livello regionale almeno tre miliardi». Il risultato è sotto gli occhi di tutti. «Siamo alla canna del gas aggiunge il decreto Cura Italia per quanto ci riguarda non è sufficiente a puntellare una situazione disastrosa di cui non si può prevedere la fine. Il governo ci aiuti».
Tutto è comincia poco prima della settimana della moda.
«Siamo stati i primi i ricettori. All'inizio non riuscivamo a percepire l'effetto devastante di quel che stava arrivando. C'è stata un'ondata di chat e telefonate dagli albergatori per le continue disdette e partenze, poi la fuga in massa, della clientela internazionale».
C'è stato subito panico?
«Parla chiaro l'episodio di Roma, con il caso della coppia cinese. Dalla sera alla mattina l'albergatore si è trovato l'hotel completamente vuoto».
E qui in città cosa è successo?
«La paura vera è partita da Milano-centro. Momenti duri in Valtellina, nel pieno della stagione invernale annullamenti a raffica di gite, settimane bianche e meeting aziendali. E tutto il resto».
Il quadro attuale?
«Il 99% degli alberghi in Lombardia è chiuso. Quelli in servizio sono a disposizione per dare supporto a Prefettura, Protezione civile e Croce rossa, ospitare medici, infermieri, personale sanitario impegnati nell'emergenza. Verranno aperti gli esercizi in zona Fiera con il nuovo ospedale. E così a Pavia e a Bergamo».
Uno scenario da brivido.
«Si tenga conto che la stragrande maggioranza degli albergatori abitano nelle strutture in cui lavorano, quindi sono state colpite migliaia di famiglie che vivono e operano nel settore. Per le catene alberghiere intorno al 15%».
Quali le «voci» della batosta?
«Il mancato fatturato si ripercuote su tutto: dagli stipendi ai costi fissi degli hotel. E per le imprese l'impossibilità di pagare i fornitori, l'Iva, il gettito addizionale della tassa di soggiorno. Il tutto in Lombardia coinvolge più di 4mila strutture alberghiere e una popolazione a rischio di oltre 100mila dipendenti, di cui 15mila a Milano. Poi l'indiretto con società e ditte legate al comparto».
E lo Stato dove è?
«Ci deve aiutare, abbiamo bisogno di liquidità, ossigeno per sopravvivere. Per dirne una: gli hotel, anche se sono chiusi, i canoni di locazione li devono versare comunque. Siamo chiusi da febbraio e gli stipendi e tutto il resto vengono pagati dalle nostre tasche. E chissà per quanto tempo resteremo così, senza fatturato».
Roma cosa può fare?
«Chiediamo che i canoni di locazione siano equiparati a quelli dei negozi che avranno il credito d'imposta, noi non siamo stati messi allo stesso livello. Abbiamo la necessità di essere ammessi a un fondo speciale come l'agricoltura. E un'azione del governo per far ripartire il settore, finita la quarantena. Non è giusto che ad altri settori concedano cose che a noi al momento sono negate».
Le prospettive?
«La maggior parte degli hotel, economicamente parlando, a fine a maggio non ci arriveranno. Si pensi ai lavoratori stagionali, hanno già perso due mesi su sei di lavoro. Guardando avanti, immaginando che si possa tornare a una sorta di normalità a maggio, comunque ci sarà il problema della mancanza dei consumi, per i timori legati al contagio».
Quindi?
«Per riaprire le attività magari ci vuole poco, il dilemma è renderle produttive, incassare qualcosa. L'onda della crisi probabilmente sarà lunghissima. Dal momento che si riuscisse ad avere una ripartenza, almeno tre o quattro mesi».
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Qui le norme di comportamento per esteso.
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