L'era Pisapia è finita. E un altro Pisapia non c'è. N on è neanche troppo difficile descrivere il passaggio a vuoto del centrosinistra che guarda alle Comunali del 2016. L'alleanza che regge Milano dal 2011 si trova di fronte a un'impresa ardua: trovare non solo un candidato ma un nuovo assetto di gioco. E quello del nome non è il nodo più difficile da districare. Certo, la vittoria del 2011 è legatissima alla figura dell'attuale sindaco. E quella di Giuliano Pisapia, al di là del giudizio sul suo operato di amministratore, è una personalità davvero singolare in politica: un avvocato con la passione dell'ideologia, un esponente della borghesia milanese prestato alla sinistra arcolabeno, un garantista che ha avuto un'esperienza, ma da indipendente, in Rifondazione Comunista, un «radicale» con le entrature giuste. Insomma, Pisapia non è facile da replicare ma, con un po' di fantasia e di buona volontà, i partiti del centrosinistra potrebbero anche provarci. D'altra parte, lo stesso Pisapia ha costruito la sua avventura poco a poco, con tempo e pazienza. Ed è partito con un anno e mezzo d'anticipo, era l'estate del 2010, e allora era considerato una sorta di outsider. D'altra parte, gli aspiranti non mancano: l'assessore al Sociale, il democratico non renziano Pierfrancesco Majorino, per esempio, sembra accreditarsi come l'interprete della continuità. Ma sembra un'illusione. Il punto non è quello del nome, il punto vero è che lo schema non regge più. E anche se Pisapia decidesse, un po' a sorpresa, di restare in campo, sarebbe lui stesso a giocare in un altro ruolo.
Nel Pd lo dicono apertamente ormai: «Che ci sia Pisapia oppure no, è cambiato tutto». Il Pd è cambiato, la sinistra radicale è cambiata, i comitati sono cambiati. La politica nazionale è cambiata. E la città è cambiata. Riproporle la stessa ricetta sarebbe un errore madornale. E lo sanno proprio tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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