Cronaca locale

Ma quale integrazione? La sinistra ha fallito proprio sul suo terreno

di Carlo Maria Lomartire

Ammettiamolo, è sempre sgradevole la polemica politica sulla sicurezza quando ci sono di mezzo dei morti. Sembra quasi che si voglia speculare sulla pelle di chi ce l'ha rimessa, strumentalizzare il dolore. Succede a Milano da destra e a Roma da sinistra. Ma poi dobbiamo anche ammettere che è una polemica inevitabile e perfino utile, se non si vuol passare per cinici indifferenti verso un problema percepito dall'opinione pubblica come grave e urgente. Tuttavia nel nostro ultimo caso, la strage di Niguarda ad opera del picconatore Kabobo, c'è qualcosa che va aldilà del discorso sulla sicurezza. Perché questa tristissima vicenda è, purtroppo, la dimostrazione definitiva del fallimento politico della giunta Pisapia proprio sul suo terreno, sui suoi principali argomenti propagandistici e ideologici, come la retorica sull'integrazione.
Da sempre, quando si discute di immigrazione, di quella clandestina in particolare e dei problemi di sicurezza che essa pone, inevitabilmente la sinistra, a cominciare da Pisapia e dai suoi fans, invocava un'unica soluzione efficace e accettabile, l'integrazione. L'immigrato, cioè, poco importa se clandestino, non crea problemi di sicurezza solo se viene integrato nella nostra società, solo se lavora, partecipa e condivide, diventando col tempo uno di noi. Come si vede si tratta di un bel dogma ideologico, tutto da dimostrare, trascurando le decine di migliaia di casi di immigrati che non hanno la minima intenzione di integrarsi, che contano di tornarsene a casa loro appena possibile, come i senegalesi e ivoriani che stanno qui da clandestini qualche mese all'anno per vendere merce contraffatta intasando i marciapiedi di corso Buenos Aires, o i molti rom dei troppi campi abusivi che non intendono neppure stanzializzarsi - a proposito, vedremo come se la caveranno se davvero sarà loro affidata la pulizia e la sorveglianza di cocomeraie e discoteche di promosse «amici» della maggioranza di Palazzo Marino, come raccontavamo ieri su queste pagine.
Ma il clamoroso fallimento politico ideologico di Pisapia sta nella circostanza documentata che la sua giunta non ha fatto assolutamente nulla di concreto per dimostrare la validità di questo dogma, pur centrale nell'ideologia e nel programma della maggioranza arancione: cosa si è fatto per l'integrazione di Kabobo? Un assunto che potremmo anche chiamare «dottrina Boldrini» giacché la presidente della Camera lo teorizza con forza fin da quando era portavoce dell'agenzia dell'Onu per i rifugiati. Una teoria, sia chiaro, che ha qualche fondamento ma che per primi coloro che la predicano, come Pisapia & C., non riescono a mettere in pratica. Solo le parrocchie e qualche Onlus si impegnano e ci riescono. Teoria che in ogni caso, evidentemente non risolve i problemi aggiuntivi di sicurezza posti dall'immigrazione clandestina.

Si invoca la pura e semplice abrogazione della legge Bossi-Fini e del reato di immigrazione clandestina, senza spiegare cosa mettere al loro posto: l'integrazione? Come e di chi e di quanti? Come si fa a dare un lavoro, unico vero strumento di integrazione, a tutti quelli che arrivano? Insomma, come tutte le enunciazioni ideologiche anche la «dottrina Boldrini» è più facile da declamare che da applicare.

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