Quando la burocrazia distrugge una vita

Quando la burocrazia distrugge una vita

«Avrei più chance di ottenere giustizia con un'estrazione al lotto, prendendo a caso una pallina da un'urna».

Milano, corso di Porta Vittoria. Oscar De Leonardis, 72 anni, dal 4 settembre, ogni mattina - confortato da manifestazioni di stima e incoraggiamento, ma anche da tanta indifferenza - si presenta davanti all'entrata principale del tribunale di Milano con un cartello appeso sulle spalle che accenna alla lunga, infinita e incredibile serie di ingiustizie e illeciti giudiziari subiti negli ultimi 25 anni. Premessa: De Leonardis è stato lo stimato titolare di due imprese di grafica e fotocomposizione a Redecesio di Segrate, ha lavorato per oltre 50 anni. Insomma: la classica persona perbene. Sul suo cartello campeggia una foto di Giorgio Napolitano accanto alla scritta «Giusta Ingiustizia». «Voglio ringraziare il presidente. La sola risposta dei tanti esposti inviati l'ho avuta proprio dalla Presidenza della Repubblica».

«Ho lavorato per 25 anni per un colosso dell'editoria - inizia a raccontarci -, fino a quando il mio socio se ne andò per aprire una ditta identica alle mie e mettendosi al servizio per quella casa editrice in esclusiva. Il mio fatturato calò di colpo. E, mentre facevo causa alla casa editrice (una causa pendente da 15 anni...) per non lasciare a piedi chi ancora lavorava per me vendetti tutto ciò che possedevo. In quel momento di disperazione accettai l'aiuto di un nuovo socio. Che non esitò a citarmi subito per amministrazione scellerata (anche se non avevo colpa di nulla) e, senza che io ne sapessi niente, intentò causa anche contro il mio ex socio, «reo» di avergli venduto, a suo giudizio, una scatola vuota. Persi in primo grado. In appello seppi per caso della causa intentata dal nuovo al vecchio socio e che sarebbe stata la mia salvezza perché avrebbe fatto cadere tutte le accuse di cattiva amministrazione da parte mia. Il giudice in secondo grado, però, m'impedì di produrla. E naturalmente persi».

«Continuaia fare il grafico - prosegue il signor Oscar - , con la mia compagna e ci adattammo, a vivere in due locali di una delle vecchie ditte che ora fungevano sia da casa che da spazio lavorativo, ma sempre pagando l' affitto. Quando i proprietari dello stabile si accorsero però che, oltre a lavorarci, lì ci abitavo, mi mandarono lo sfratto per finita locazione. A quel punto mi recai da un avvocato del sindacato inquilini che non si presentò all'udienza nella quale mi doveva difendere. Intanto, visto che al peggio non c'è mai fine, la cancelleria del tribunale aveva trascritto erroneamente che il mio sfratto non era per finita locazione, bensì per morosità. Così, una mattina, mi trovai in casa la forza pubblica senza che mi fosse riconosciuta dalla proprietà l'indennizzo dell'avviamento prima del rilascio dei locali, come prescritto dalla legge nel caso di finita locazione per le attività commerciali. Visto l'errore macroscopico, corsi disperato in tribunale per ottenere la copia originale dello sfratto. Nel frattempo, però, i carabinieri di Segrate, non vollero sentire ragioni e mi mandarono via. E la modifica dell'avviso di sloggio arrivò il giorno dopo».

Fu allora che De Leonardis citò il ministero della Giustizia. Quando il giudice di primo grado decise di non decidere e rinviò le parti a spese compensate, il signor Oscar ricorse in appello. A quel punto ci si mise pure l'avvocato dello Stato che, in difesa del Ministero, dichiarò che se c'era stato un errore era veniale: da quei locali prima poi Oscar avrebbe dovuto andarsene, no? E gli illeciti veniali non sono perseguibili. Trascurando così una considerazione semplicissima, ma vitale per Oscar: lo sfratto forzato gli impediva infatti di rivolgersi ancora al giudice, creandogli un danno enorme.

«Nel processo d'appello il giudice ebbe la sfrontatezza di ribattere che l'avvocato dello Stato non aveva mai fatto quelle affermazioni e che il mio danno non era provato. Così venni condannato a pagare 5800 euro di spese legali al ministero della Giustizia come se fossi stato condannato per lite temeraria! De Leonardis si rivolse allora alla Suprema Corte di Cassazione: che gli rigettò la causa per un vizio di forma nella presentazione.

E Napolitano? «La segreteria della Presidenza della Repubblica segnalò il mio esposto al Consiglio superiore della magistratura che a me non aveva mai risposto, ma non poteva ignorare il Quirinale.

Mi scrissero che i magistrati da me denunciati erano ormai tutti in pensione e quindi non più perseguibili». Ora Oscar ha scritto al tribunale dei Diritti dell'uomo di Strasburgo. La sfortuna lo seguirà fin là? Il rischio c'è.

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