È come disegnare i baffi alla Gioconda. Solo che, con tutto il rispetto per i restauratori, stavolta, la mano non è quella di Marcel Duchamp. E forse, più che di ispirazione, si è trattato di fretta. Cosa curiosa per un monumento che per decenni è stato trascurato. A tempo di record (e di Expo), invece, i Bagni misteriosi, plasmati nel 1973 nell'arenaria da Giorgio De Chirico e donati a Milano nel 1997 sono stati «restaurati». Oggi, nel parco della Triennale dove sono da sempre, come unica opera di arte pubblica del maestro, sono attorniati dalle installazioni esterne della mostra «Arts and food». Una grande bottiglia di salsa e qualche zucchina gigante a fare da scudo, a quello che, secondo la Fondazione De Chirico, non è che un «piatto» venuto male. «Un lavoro di cui non siamo stati nemmeno informati», spiegano dagli uffici di Roma. Per carità: anche l'arte vuole la sua etichetta. La proprietà dei «Bagni» è passata sotto forma di comodato alla Triennale in occasione dell'ultimo restauro nel 2010, quello che pose fine a decenni di incuria, rinforzando non solo l'opera, ma riportando anche il colore sulle sculture. La Triennale, quindi ha agito autonomamente «Avendone il diritto», commentano dal Comune. «Cortesia sarebbe stato avvisare», ribattono da Roma. Il colore è uno dei problemi: 5 anni fa si stesero delicati pigmenti ad acqua, sapendo che si sarebbero rovinati presto, proprio per rispettare le tracce di colore originario, rimandando al futuro un intervento più robusto. E condiviso. Che, invece, è avvenuto senza consultare nessuno. «Due sono le cose più gravi», spiega dalla Fondazione Katherine Robinson. «E' stata messa acqua “vera” nella fontana e il disegno a zig zag, che invece per De Chirico rappresentava l'acqua stessa, è stato steso senza rispetto dei disegni originali». Insomma a caso. De Chirico, infatti, di acqua vera non parlò mai anche se, già in passato, l'acqua (anche quella piovana) ristagnava nella vasca. «De Chirico l'acqua la disegnava», spiega il curatore della Fondazione Nikolaos Velissiotis, «traendo ispirazione da un pavimento di legno lucidato su cui gli sembrava di fluttuare». I disegni cui ispirarsi ci sarebbero stati: li rilevò con gli studenti di Brera la professoressa Jole De Sanna e li consultò il precedente restauratore Alberto Mingardi, chiamato da Vittorio Sgarbi per i lavori del 2010: «È un peccato non aver utilizzato quei disegni», spiega oggi Sgarbi che sta curando una mostra su De Chirico in apertura a giugno negli spazi della Regione. La Fondazione sta valutando se chiedere il ripristino del colore, oltre a far togliere l'acqua. Ma solleva anche un altro problema che riguarda «i bagnanti», le due sculture interamente scolpite dal maestro e quindi più preziose. All'esterno ci sono due copie realizzate con scanner in 3d sotto la supervisione di Brera. Gli originali, dopo decenni di oblio nei magazzini in Triennale, sono approdati nel 2011 al Museo del Novecento, recuperando anche la falange di un dito, finita in un cassetto della Triennale. Lieto fine? Quasi. Se ne stanno, infatti, invisibili al pubblico se non da lontano, nel piano interrato, in fondo alla rampa elicoidale.
Solo un pannello a spiegare che cosa siano insieme al pesce, un ulteriore pezzo della complessa opera che la Fondazione ha recuperato fortunosamente nel 2004 ad un'asta e «prestato» al Museo. Così sacrificato, senza spiegazioni anche se lo spazio ci sarebbe, non va bene.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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