Quel grande esercito di volontari che vale un Patrimonio

Quel grande esercito  di volontari che vale un Patrimonio

C'è la chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, a Milano, visitata da milleduecento persone al giorno, poi c'è Nocetum, antica piccola pieve dalle parti di Chiaravalle, a Nosedo, vicino al depuratore, che è tornato a vivere. Poi, certo, ci sono casi più noti: musei milanesi come il Diocesano o spazi meravigliosi come Villa Necchi, tornati ad essere alcune delle mete più visitate della città e della Lombardia. La bellezza non manca, ma per essere viva deve «popolarsi»: i visitatori arrivano se gli orari di apertura sono comodi, meglio se a orario continuato, meglio se anche il sabato e la domenica e, perché no?, anche la sera. Se Il patrimonio nostrano continua a essere apprezzato - l'Italia, è vero, è scesa al quinto posto per turismo culturale al mondo, ma il consumo culturale di mostre, musei, cinema e spettacoli ancora regge - bisogna dire 800mila grazie.
Questi i numeri, in Italia, dei volontari del settore culturale, persone che decidono di dedicare 4 o 5 ore la settimana, in alcuni casi anche di più, al nostro patrimonio, per garantire l'apertura di luoghi altrimenti negati ai visitatori, per contribuire alla loro tutela e conservazione, per impegnarsi nella difesa dei beni culturali. A loro è stato dedicato, ieri, alla Villa Reale di Milano (per l'occasione aperta di lunedì grazie ai volontari del Touring che hanno permesso di apprezzare la splendida collezione Grassi) il convegno «Bellezza che vive». Organizzato da Vita e dalla Fondazione Italiana Accenture, ha messo attorno a un tavolo tutte le associazioni che contano: dal Fai che, anche a Milano, tanto sta facendo per tenere in vita i gioielli metropolitani e alcune ville brianzole, a Italia Nostra, al Touring Club Italiano cui si deve, ad esempio, il successo di visite della chiesa di San Maurizio in corso Magenta (fino a non pochi anni fa, tristemente chiusa e dimenticata). Ma poi ci sono anche piccoli centro, come quello di Nocetum, nato dall'intuizione di una suora e di una laica, la milanese Gloria Mari, che hanno rianimato un borgo agricolo prima in degrado. Milano, con 41mila volontari distribuiti in 900 associazioni, si può considerare la capitale del volontariato culturale, figlio dell'illuministica convinzione che il bene comune debba essere da tutti tutelato: ebbene, questa banca del terzo settore, a torto considerato minore, è in fibrillazione. Molto di più si potrebbe fare. Lo stesso assessore alla Cultura Stefano Boeri sottolinea la necessità di ripensare il rapporto tra pubblico ed opere d'arte e sancisce come obiettivo l'accesso libero dei musei civici meneghini. Pier Luigi Sacco, docente di Economia della Cultura allo Iulm, parla di «volontariato culturale come fonte di innovazione». Sbagliato pensare che i volontari devono fare ciò lo stato o il mercato non riescono: «Il volontariato deve diventare la nuova frontiera del benessere sociale» ha detto, spiegando come nella società digitale i volontari possono produrre loro stessi contenuti, essere coinvolti, partecipare.

Sbagliato poi pensare che il volontariato sia un modo per tagliare posti di lavoro: per dimostrarlo, da Milano, la Fondazione Italiana Accenture, lancia «Ars. Arte che realizza occupazione sociale»¸ un concorso che destina un milione di euro al progetto che meglio saprà realizzare, attraverso una no profit, servizi capaci di generare lavoro.

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