Cronaca locale

Quelle biblioteche ritrovate negli antichi codici di Brera

In mostra la raccolta di incunaboli che rivela la storia di edizioni che appartennero a monasteri e nobili

Mimmo di Marzio

«A te, Brera, ho donato i miei libri, il mio Platone, il mio Eschilo, il mio Demostene e Plutarco e Lisia... Oh quanto li amavo! Ma a te li ho dati senza rammarico, perché io muoio e passo, e tu sei ricca e grande e gloriosa, e resterai eterna». Con questo accorato appello nel 1795 il cardinale Angelo Maria Durini donava la sua ricchissima collezione alla Biblioteca Braidense, per la maggior parte costituita da preziose edizioni di classici greci e latini. L'aneddoto, descritto in uno dei pannelli che corredano la ricca mostra Biblioteche riscoperte appena inaugurata nella Sala Maria Teresa della Braidense, è a dir poco indicativo della storia di una delle maggiori raccolte nazionali di incunaboli, ovvero le prime edizioni quattrocentesche che confluirono nei secoli negli scaffali della Biblioteca di Brera. Ma quell'appello testimonia anche il senso di un grande progetto presentato dal Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca (CRELEB) dell'Università Cattolica in sinergia con la Regione Lombardia, finalizzato a catalogare digitalmente la storia di ogni singolo esemplare dei 2.300 antichi volumi custoditi alla Braidense. Il punto di arrivo del progetto regionale è un data-base che in questi anni ha archiviato i due terzi dell'intero patrimonio di incunaboli di altre importanti biblioteche del territorio lombardo come la Trivulziana, la Angelo Mai di Bergamo e la Queriniana di Brescia. La ciliegina sulla torta, è il caso di dirlo, è rappresentata dalla mostra della Braidense che apre squarci inediti su un mondo, quello della storia dei libri antichi nel primo mezzo secolo dopo l'invenzione dei caratteri mobili di Gutenberg, fino a oggi riservato a un cenacolo di studiosi, appassionati e addetti ai lavori: in realtà un meraviglioso mondo che appartiene a tutti. L'esposizione, presentata ieri dai docenti Edoardo Barbieri e Fabrizio Fossati alla presenza del direttore di Brera James Bradbourne, rappresenta una grande operazione culturale che mette a segno due obbiettivi: il primo è quello di svelare al grande pubblico le perle più preziose della raccolta, spiegando anche attraverso pannelli didattici la grande avventura che fece approdare gli antichi manoscritti alle prime officine tipografiche, dando alla luce meravigliose edizioni a stampa spesso corredate da miniature capolavoro. Il secondo obbiettivo, forse ancora più affascinante, è quello di raccontare per la prima volta il pedigree di volumi che prima di approdare alla Braidense appartenevano ad antiche biblioteche scomparse e collezioni private del territorio, come quella appunto del cardinale Durini. La catalogazione dei singoli esemplari (nella Sala Maria Teresa ne sono esposti 120) mette infatti in evidenza elementi significativi tra cui note manoscritte, timbri ed ex libris che testimoniano l'appartenenza a biblioteche precedenti, la maggioranza delle quali ecclesiastiche, soppresse sotto la dominazione asburgica e napoleonica che statalizzarono i preziosi fondi. Tra queste, la biblioteca di Santa Maria della Passione, quella di San Paolo del Collegio dei Barnabiti, quella dei Gsuiti di Brera o la raccolta del Monastero di Sant'Ambrogio. La nuova mappatura delle istituzioni scomparse si estende anche alle raccolte dei nobili laici, intellettuali e finanche reali che ebbero tra le mani quegli esemplari.

Tra questi, in mostra, non mancano autentiche rarità, come il primo libro stampato in Italia con indicazione di data (1485), un rarissimo libretto xilografico, i primi libri a stampa in ebraico, e la preziosa edizione delle lettere di Santa Caterina da Siena realizzato da Aldo Manuzio che inaugura per la prima volta la stampa in corsivo.

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