Radicalizzazione e jihad Ecco le aree a rischio fra Milano e hinterland

La ricerca di un centro studi della Cattolica «I punti in cui può attecchire il fenomeno»

Radicalizzazione e jihad Ecco le aree a rischio fra Milano e hinterland

Quattro aree critiche in città. E nell'hinterland un semicerchio che la circonda. Così il potenziale pericolo jihadista a Milano secondo la ricerca Le aree urbane e suburbane a rischio di radicalizzazione nel Milanese. Analizzando il contesto sociale dell'area metropolitana e tenendo ben presente il «piano moschee» appena definito dal Comune, lo studio individua quelli che definisce hot spot, «ovvero alcuni punti geografici in cui il contesto sociale locale subisce una marcata deviazione», «creando le condizioni situazionali specifiche nelle quali potrebbe più facilmente attecchire il fenomeno del radicalismo religioso». In altri termini, e in altri tempi, si sarebbe detto le potenziali «Molenbeek», facendo riferimento al sobborgo belga da cui partirono gli attacchi terroristici che in un delirio di follia omicida insanguinarono Parigi e Bruxelles nel 2015.

Ed eccole, le potenziali Molenbeek individuate dallo studio, che è stato condotto da Andrea Foffano di «ItsTime», centro di ricerca guidato dal professore Marco Lombardi del dipartimento di Sociologia della Cattolica. I punti in cui «potrebbe più facilmente attecchire il fenomeno del radicalismo religioso» sono questi: San Siro, in particolare piazza Selinunte, Lorenteggio-Giambellino e Corvetto.

Per San Siro, l'analisi ricorda le centinaia di alloggi Aler occupati abusivamente. «Gli appartamenti - si legge - sono soggetti al controllo del racket». Segnala «la concreta possibilità di assegnare l'utilizzo temporaneo di un'abitazione dietro compenso economico». E si cita il nuovo regolamento regionale «che prescrive e regola l'usufrutto di tali appartamenti», sottolineando che «alle norme non sono seguiti gli sgomberi per sradicare il problema». Quanto a Selinunte, si parla del «quadrilatero della paura», definito dall'incrocio delle vie Tracia, Civitali, Paravia e Morgantini. «È la zona più problematica del quartiere San Siro. Si stima che su 12mila persone residenti, più di 5.000 siano stranieri». I precedenti sono inquietanti: «Da un appartamento di via Civitali proveniva Mohammed Game», l'attentatore della caserma «Santa Barbara» nel 2009. Inoltre, «proprio in via Tracia viveva anche il marocchino Nadir Benchofri, arrestato nel 2016 con l'accusa di progettare un attentato nel centro commerciale di Sesto San Giovanni». A San Siro, nel parcheggio Trenno di via Novara, il piano del Comune individua una delle tre aree da mettere a bando per l'insediamento di nuovi luoghi di culto. E di questo fra l'altro ieri ha parlato anche il vice capogruppo di Forza Italia Alessandro De Chirico: «Prima di trovarci una bomba atomica in casa - ha detto il consigliere, che San Siro la conosce bene - si deve predisporre un grande piano di sgomberi coatti e di controlli porta a porta. Poi parleremo di realizzare una moschea a San Siro». Anche in zona Corvvetto l'analisi della Cattolica cita il piano comunale, e la moschea di via Quaranta, «in via di autorizzazione». Lo stesso vale per via Gonin nell'area Lorenteggio-Giambellino, indicata come zona dal «passato turbolento», che oggi «soffre di problematiche sociali di devianza criminale».

Nell'hinterland, lo studio indica i punti che delineano il «semicerchio» potenzialmente fuori controllo.

Sesto, San Donato, Rozzano, Inzago, Vimodrone, Cologno, Vimercate e Bresso, in genere lo fa riferendosi a espulsioni di jihadisti o aspiranti tali. Quanto alle conclusioni «non può non colpire - si legge - il nesso intercorrente fra il radicalismo religioso e i luoghi di culto abusivi che spesso nascono in quartieri ad alto tasso di criminalità diffusa».

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