La notizia scuote e agita il Pd. Mentre Umberto Ambrosoli, candidato a governare la Regione con il centrosinistra, dichiarava che «ridurre gli stipendi oppure tagliare i rimborsi e i benefit sarebbe opportuno, perchè la politica deve iniziare a dare il buon esempio», le agenzie di stampa battono che sono «una ventina i consiglieri regionali dell'opposizione, tra cui alcuni del Pd e dell'Idv, indagati per peculato nell'inchiesta sui presunti rimborsi illeciti». La Procura forse già da oggi invierà alcuni inviti a comparire. L'indagine coordinata dal sostituto procuratore Alfredo Robledo e i pm Antonio D'Alessio e Paolo Filippini è quella che nei mesi scorsi aveva già portato all'invio di 22 inviti a comparire per «spese sospette» tra consiglieri di Pdl e Lega, a sinistra sembra che le spese finite sotto la lente cifre inferiori. Ma il terremoto arriva in piena campagna elettorale. E se Lega nel frattempo hanno fatto uno screening della situazione, esaminando caso per caso e negando la candidatura ai casi più clamorosi - vedi l'ex capogruppo del Carroccio in Regione Stefano Galli, accusato di aver pagato con soldi pubblici il pranzo di nozze della figlia o il consigliere Pierluigi Toscani che si era fatto rimborsare l'acquisto di cartucce da caccia o Massimiliano Orsatti, Davide Boni e Renzo Bossi (anche per altri motivi) - e anche il Pdl ha fatto pulizia, le liste del centrosinistra sono già depositate. Ed esponenti in corsa a Roma o in Lombardia rischiano di ritrovarsi nella categoria dei cosiddetti «impresentabili». Per dire, al secondo posto nella lista Lombardia per il Senato compare il consigliere Pd Franco Mirabelli. Punta alla Camera Pippo Civati. Tentano il bis al Pirellone Maurizio Martina nel collegio di Bergamo, a Milano è capolista Fabio Pizzul, secondo gli altri uscenti Sara Valmaggi, Carlo Borghetti, Arianna Cavicchioli, a Varese è candidato Alessandro Alfieri. Nella lista degli indagati ci sarebbero (per ora) esponenti di Pd e Idv. Ci mancherebbe trovare tra i nomi il capogruppo di Di Pietro Stefano Zamponi che della lotta agli sprechi ha fatto una battaglia per tutto il mandato.
Con le liste depositate, lo stato maggiore del Pd non avrebbe più il potere di applicare quanto è previsto nello Statuto: essere colpiti da avvisi di garanzia può portare alla mancata candidabilità, impegno firmato dagli iscritti. Prima, l'organismo di garanzia - a Roma per le liste nazionali e in Lombardia per le regionali - avrebbe valutato secondo l'entità e gravità del fatto chi inserire o meno. Ora non può obbligare i candidati ad escludersi, di fronte a casi che «ledono l'onorabilità del Pd», potrebbe pretendere al massimo una lettera di impegno a rinunciare al seggio in caso di elezione. Un appello implicito a non farsi votare. In attesa degli eventi, c'è già aria di resa dei conti nel centrosinistra.
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