Oltre 550 gazebo in tutta la Lombardia tra domani e domenica organizzati dal Pdl per raccogliere le firme sui sei referendum dei Radicali per riformare la giustizia. Ma a disposizione, per chi lo volesse, anche i moduli per sottoscrivere gli altri sei quesiti che riguardano divorzio breve, abolizione del carcere per le colpe meno gravi legate agli stupefacenti, l'abrogazione del reato di clandestinità, la destinazione dell'8 per mille e l'eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti. Ieri al Circolo della stampa, dopo che il presidente Silvio Berlusconi aveva incontrato Marco Pannella e messo la sua firma sotto tutti e dodici i referendum, l'annuncio della campagna di appoggio all'iniziativa dei Radicali presentata dal responsabile Organizzazione del Pdl Daniela Santanché insieme al coordinatore regionale Mario Mantovani, al vicario Mariella Bocciardo, a quello provinciale Luca Squeri e a quello cittadino Giulio Gallera.
«Una firma giusta, giustizia giusta», lo slogan dei manifesti esposti anche ieri in corso Venezia e a fianco dei quali sono comparse le bandiere tricolori di Forza Italia. «Che la giustizia sia malata - le parole della Santanché - i cittadini lo provano sulla pelle. Per questo una riforma è indispensabile: se gli italiani, attraverso referendum, potranno esprimere la propria opinione, non ci sarà dubbio su quello che pensano». Per Mantovani, l'attuale sistema giudiziario «non garantisce uguali diritti per tutti». E a testimoniarlo porta la classifica dei sistemi giudiziari che su 181 Paesi mette l'Italia al posto numero 150. Non solo perché, aggiunge, «uno studio dell'Ocse stabilisce in otto anni la media di un processo civile in Italia, il che significa che alcuni ne durano anche quindici o venti. Mentre la media dei 34 Paesi esaminati parla di 784 giorni, ovvero due anni e per la Svizzera di soli 378 giorni». Di qui l'invito a sottoscrivere soprattutto i due quesiti che riguardano la separazione delle carriere dei magistrati («per avere più garanzia di essere giudicati da un arbitro imparziale») e la responsabilità politica dei giudici («se devono pagare i medici che hanno a che fare con la salute, a maggior ragione paghi chi dispone della libertà altrui»). Mantovani, invece, non ha firmato per l'abolizione dell'ergastolo «perché la sicurezza dei cittadini è una questione che va esaminata con molta attenzione». Grave, per la Bocciardo, «che si abbia a che fare con magistrati che non si ispirano alla presunzione di innocenza, ma a quella di colpevolezza e con una giustizia che ha dimostrato di essere ad personam». E ai giornalisti che chiedono se un caso Berlusconi sarebbe stato possibile in Svizzera, Mantovani risponde che «nei confronti di chi in certi momenti ha rappresentato anche quasi il 50 per cento degli elettori, non sarebbe nemmeno cominciata una persecuzione giudiziaria con 290mila intercettazioni, 19 capi di imputazione, 7 procure di tutta Italia e mille giudici impegnati. Oltre all'attenzione particolare dedicata alle sue aziende».
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