C'è aria di battaglia all'ultimo voto. O almeno è quello che fanno credere Umberto Ambrosoli e Pierluigi Bersani (che infatti domenica terranno un comizio insieme in piazza Duomo). Nella speranza di una «spallata» alle Regionali (ma anche alle Politiche) la sinistra varerà domani l'«operazione Ohio». Quando è al massimo della fantasia, il Pd scimmiotta sempre i democratici Usa (basti pensare al «Yes, we can» di veltroniana memoria), e in questo caso il riferimento è alla campagna pro Obama nello stato americano noto ago della bilancia. La mobilitazione dell'apparato ha un obiettivo dichiarato (Veltroni direbbe un target): il voto degli indecisi. Da Firenze nei giorni scorsi è arrivato in carne e ossa il sindaco Matteo Renzi, e tutti hanno notato che ha battuto la fascia pedemontana. La mossa non è stata ovviamente casuale. Gli strateghi della sinistra lo sanno bene: se oggi possono sperare in una Regione in bilico - in base alla situazione resa nota prima del «silenzio» elettorale - è per quegli elettori che oggi non si dichiarano schierati. Una massa critica decisiva, a cui puntano tutti, anche Roberto Maroni, che specularmente può guardare con fiducia all'esito della sfida elettorale contando proprio su quella «Lombardia profonda».
Il centrodestra e il suo candidato sperano che gli avversari abbiano già fatto «il pieno» del loro potenziale, e che alla fine gli indecisi si orienteranno in larga parte così come hanno fatto nelle ultime tornate elettorali, con un voto radicato, andando a consolidare un vantaggio che - sempre in base alle rilevazioni pre-silenzio - Pdl e Lega consideravano già di una certa consistenza. La conferma indiretta di queste sensazioni, d'altra, parte, arriva da un importante esponente della sinistra milanese che solo pochi giorni fa auspicava un maggior impegno proprio nelle altre province lombarde. E in tal senso è utile andarsi a guardare i risultati delle precedenti elezioni regionali. Leggendo i dati 2010 si vede che - anche sommando al centrosinistra il piccolo gruzzoletto elettorale delle estreme - il divario complessivo fra i due schieramenti contava circa un milione di voti. Un abisso. Un muro difficile da scalare, e costruito con i «mattoni» delle varie province, soprattutto della fascia centro-settentrionale. La sinistra conta su una Milano per lo meno divisa in due, e le province meridionali sono considerate contendibili. Ma la Lombardia ha 7.745.359 elettori. Nella Bergamasca tre anni fa il distacco è stato di quasi 200mila voti, pari al 35%. In provincia di Brescia di 183mila voti, anche qui poco meno di un elettore su tre. A Monza-Brianza il «gap» ha sfiorato i 100mila voti (il 23%). Nella meno popolosa Como ha superato i 100mila elettori (il 36%). A Pavia 68mila schede separavano i due schieramenti. A Lecco «solo» 43mila (pur sempre un elettore su quattro) e nella piccola provincia di Sondrio «solo» meno di 40mila elettori (tantissimi in termini percentuali, il 43%). C'è infine un altro dato che fa sorridere Pdl e Lega.
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