Il Comune di Milano sbatte la porta in faccia a Dolce & Gabbana ma il Pirellone corre in aiuto: «Se avranno bisogno di spazio per le sfilate, potremo mettere a disposizione le aree della Regione Lombardia». Parola del presidente Roberto Maroni, sorpreso dall'insolita serrata delle boutique, ma assolutamente «aperto al dialogo» con le griffe. La Lombardia, ribadisce l'assessore Paola Bulbarelli, «si mette a disposizione della moda, non possiamo far sì che il made in Italy venga violentato in questo modo. Stiamo con Dolce e Gabbana».
La spaccatura tra la griffe e Palazzo Marino invece si fa sempre più netta. Durante la riunione di giunta, l'assessore Carmela Rozza propone un gesto di riavvicinamento con la casa di moda. Ma la sua proposta viene rimbalzata dal resto della squadra Pisapia che preferisce fare quadrato attorno all'assessore al Commercio Franco D'Alfonso, fautore della polemica dei giorni scorsi sulla negazione degli spazi pubblici «a due evasori fiscali». Nessuno in Comune chiede di fare un passo indietro nemmeno al presidente del Consiglio Basilio Rizzo, che ha suggerito di revocare l'Ambrogino d'oro consegnato alla maison nel 2009. Gli unici a rispondergli sono proprio i due diretti interessati. Stefano Gabbana tuona da Twitter: «L'Ambrogino? Lo rendiamo molto volentieri. Però rotto a metà, perché pur essendo due ne abbiamo ricevuto uno».
I milanesi che passano in corso Venezia e in via della Spiga di fronte alle boutique chiuse sono tutti con gli stilisti. E apprezzano che l'azienda abbia deciso di pagare comunque i 250 dipendenti nonostante la serrata di tre giorni. Insomma, la «chiusura per indignazione» riscuote l'appoggio della città. Non solo di chi veste D&G ma anche di tutti quelli che credono nella moda come locomotore per la ripresa economica.
Al di là del singolo caso, la querelle Dolce & Gabbana vs Comune, apre un dibattito esteso a tutte le griffe di alta moda. Non si tratta solo di una negazione di spazi comunali (per altro mai chiesti) a una maison. È il presidente di via Montenapoleone, Guglielmo Miari, a ribadire una richiesta che da tempo le grosse firme avanzano a Palazzo Marino: «Il Comune - sostiene il rappresentante delle boutique - deve dare una mano alla moda, ad esempio concedendo gratuitamente alle griffe spazi della città. C'è un ulteriore passo da fare - aggiunge Miani - e cioè non organizzare solo eventi privati, ma aprirli a tutta la città per coinvolgere tutti». In città è accaduto una volta soltanto: quando piazza Duomo fu concessa a Costume National per una sfilata all'aperto accessibile a tutti.
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