Regione speciale subito Maroni apre e accelera. Il Pd e i 5 Stelle trattano

Il presidente: «Voglio chiudere entro il voto». L'ok condizionato di Gori e dei grillini

Tutto e subito. O almeno presto, prima del voto regionale e politico. Dopo la domenica del voto 3 e il lunedì dello scrutinio, è un Roberto Maroni disteso e determinato quello che si presenta al Pirellone per riferire sull'esito del referendum per l'autonomia.

Il voto è stato un successo politico. Tono e linea del governatore lo dimostrano e gli interventi dell'opposizione lo confermano. Maroni manifesta «grande soddisfazione» e delinea un piano d'azione ecumenico e rapido sul piano istituzionale. «Tre milioni di voti - dice - danno un peso e fanno sì che la nostra squadra sia squadra di fuoriclasse». La squadra è quella che a Roma dovrà trattare col governo. Il governatore parla per circa un'ora dopo l'intervento del presidente del Consiglio Raffaele Cattaneo che descrive il percorso per arrivare con legge statale al regionalismo differenziato: iniziativa della Regione, obbligo di consultazione degli enti locali, intesa Stato-Regione, attribuzione con legge dello Stato approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati e del Senato.

Il governatore, in un'aula al gran completo fra consiglieri, assessori e giornalisti, rassicura che l'interlocutore è ben diposto: «Ho sentito il presidente Gentiloni e il sottosegretario Bressa e c'è disponibilità a discutere con Lombardia in modo serio». La Regione ora dovrà partire con un documento da votare in Consiglio. Una risoluzione, che dopo essere stata istruita in commissione arriverà in aula a metà novembre, definendo indirizzi e contenuti della proposta lombarda da indirizzare a Roma. «Chiedo che contenga tutte le 23 materie e anche le risorse, non solo quelle legate alle competenze. Chiedo di farlo in tempi rapidi» spiega Maroni, spiegando di condividere col premier, Paolo Gentiloni, l'idea di «dividere le materie in 4 o 5 macroaree». «Per fare questo - spiega - abbiamo bisogno di competenze e di persone capaci, prendendole da tutti i settori della società lombarda». La squadra di «fuoriclasse lombardi» che Maroni immagina dunque, dovrà essere formata da una componente politica rappresentativa di tutti i partiti, una delegazione di enti locali da lasciar scegliere ad Anci e Upl (Comuni e Province, a cui Maroni ha riconosciuto grande lealtà). Fra le personalità che Maroni ha invitato nella squadra ci sono il primo presidente della Regione Piero Bassetti, «un diversamente giovane - lo definisce - con grande entusiasmo, capacità e conoscenza», poi il presidente di Unioncamere Giandomenco Auricchio, il rettore della Bicocca Cristina Messa e altri nomi del mondo associativo che saranno definiti nei prossimi giorni. Maroni quindi apre, E tende la mano. Un po' per convinzione e un po' anche per necessità, forse, vista la difficoltà dell'obiettivo, finora mai raggiunto da nessuno in 16 anni. Il traguardo che il governatore vede è quello di arrivare alla Lombardia speciale entro la fine delle legislature parallele di Regione e Parlamento. «Anche a me piacerebbe avere la Lombardia a Statuto speciale - spiega - ma il nostro quesito dice un'altra cosa e io mi attengo a quello». E la specialità, non statutaria, della Lombardia - spiega - «è una terza via tra la Regione a Statuto ordinario e la Regione a Statuto speciale». Quanto al residuo fiscale, arma di pressione di non poco conto, il Pirellone si accontenterebbe che fosse, in percentuale, pari a quello di Emilia e Veneto (il 10% invece dell'attuale 17, sarebero quasi 30 miliardi.

Questa linea decisa sui tempi ma ecumenica sul contenuto ottiene un via libera quasi unanime in Consiglio: «L'atteggiamento costituzionale di oggi è apprezzabile» commenta Giorgio Gori (Pd) a nome dei sindaci del Sì.

Ognuno con le sue condizioni, i gruppi più forti dell'opposizione si mostrano interessati a lavorare al progetto di una Lombardia autonoma. I 5 Stelle non amano che si parli di residuo fiscale, il Pd non vuole che la Regione chieda tutto, ma tutti ora vogliono sedersi al tavolo. Tutti per l'autonomia.

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