Cronaca locale

Renzi prova a fare il Trump E il Pd monta un «fuffa-show»

Ultima trovata: «Gli altri sono l'establishment, noi no» Lo spettacolo di cabaret politico però non funziona più

Domande comode comode, tanti giovani, location fighetto-leopoldina, groupies in brodo di giuggiole ad ogni angolo. Domenica sera il Pd milanese ha mandato in scena il Renzi show: uno spettacolo di cabaret, più che un incontro con i cittadini per spiegare la riforma costituzionale. Una grande seduta collettiva di training autogeno per preparare gli ultimi venti giorni di campagna elettorale in vista del 4 dicembre: format tanto divertente quanto evanescente.

Un Renzi in versione Benigni, passeggiando scravattato sul palco, ha sfoggiato tutto il suo repertorio di battute davanti ad una platea estasiata. Signore in maglietta arancione d'ordinanza e in delirio che non si vedevano dai tempi di Forza Silvio lo hanno interrotto ad ogni pie' sospinto: Matteo sei la nostra gioia!. Esagerate. Uno stuolo di ragazzini evidentemente pescati tra i giovani dem, seduti sul palco a incorniciare il premier gongolante a favore di scatti, si è cimentato con le domande. Concordate o meno - il dubbio sorge - sicuramente poco incisive: che fine farà il Pd dopo l'esito del referendum, come si fa a rottamare la vecchia guardia, a trasmettere il cambiamento e via dicendo. Tutte rigorosamente poste da under 30, giusto per far passare il messaggio: non è vero che i giovani votano tutti No, alla faccia dei sondaggi che ultimamente non ne azzeccano una. Peccato che il famigerato paese reale a cui lo storytelling doc renziano spesso si rifà, non è quello degli studenti di Ingegneria o di Scienze politiche.

E poi, le domande, non una che sia entrata nel merito: niente sul centralismo della riforma del Titolo V che azzera l'autonomia delle Regioni, anche e soprattutto di quelle virtuose come la Lombardia; nessuna considerazione sulle norme capestro che ci inchiodano all'Europa. L'unico fronte del No, rappresentato da un pacato signore che ha domandato spiegazione sull'articolo 70 e da un ragazzo che ha chiesto di cambiare la classe dirigente, liquidato in quattro battute. Per il resto, solo una ex grillina in platea e niente più. Non è servita nemmeno la finta: C'è qualcuno in sala che ha votato Lega o Forza Italia?. Sia mai, in un consesso di purissimi dem. Ad un certo punto è saltato fuori pure l'ex comunista: Matteo fagliela vedere a quelli!. Puramente casuale ogni riferimento a D'Alema. E alla fine non è mancato nemmeno il sostenitore a rischio infarto e improvvisato spin doctor: Filippo (Sensi il suo onnipresente portavoce ndr) mandiamo lui in tv a spiegare la riforma.

Sì perché qualcuno questa benedetta riforma dovrà pure illustrarla, anziché declamarla: perché noi siamo il cambiamento e loro l'estabilishment, noi prendiamo per mano il futuro e loro stanno inchiodati al passato , sono vent'anni che aspettiamo questo momento è solo ciò che si ascolta da due anni a questa parte e nulla più. Citare Ciriaco de Mita e Gustavo Zagrebelsky serve giusto a strappare gli applausi dei tifosi e nient'altro. Uno spettacolo ben riuscito, non c'è che dire. Sicuramente un bagno di energia per i suoi sostenitori, magari una pacca sulla spalla e un'operazione simpatia per chi vota No solo per avversione a Matteo, ma certo non quello che si aspettava un cittadino comune venuto per schiarirsi le idee.

Il quale sarà uscito più confuso di prima: tra una battuta e l'altra, tanta fuffa e pochissima sostanza.

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