Le parole, critiche o retoriche, passano. Il nome di Franco Servello resterà iscritto al Famedio fra i grandi Milano. In virtù di questa certezza ieri la destra milanese ha evitato ogni polemica. Non ha commentato l'assenza polemica dell'Anpi alla cerimonia del Monumentale (anche perché era presente un'altra sigla di partigiani, legata alla tradizione di Giustizia e Libertà). E non ha risposto al discorso di Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale che ha cercato di destreggiarsi fra la decisione (anche e soprattutto sua) e le reazioni negative dei partigiani e di qualche politico. «Mi dispiace per la mancanza in questa cerimonia di Anpi e Aned (l'Associazione degli ex deportati nei capi nazisti). Milano nella sua stragrande maggioranza si sente erede della lotta alla Liberazione. Le istituzioni a tutti i livelli si richiamano a una Costituzione che sul tema usa parole definitive: nessun revisionismo è possibile», ha detto Rizzo, che è stato eletto con la «Sinistra per Pisapia» ma oltre un mese fa ha presieduto la commissione comunale per le onoranze al Famedio. «Il pistolotto antifascista di oggi di Rizzo era scontato», così lo ha liquidato il vice presidente del Consiglio comunale, Riccardo De Corato (Fdi). Anche il sindaco intanto aveva puntualizzato che con Servello «avevamo valori diversi ed esperienze diverse. Tutti lo sanno, non c'è bisogno di dirlo». Lo ha sottolineato, Giuliano Pisapia, prima di citare nel suo discorso ufficiale i tre pilastri «Rinascimento, Risorgimento e Resistenza».
Gli eredi politici di Servello in gran parte militano in Fratelli d'Italia. E oggi incassano il riconoscimento storico tributato (da un'amministrazione di sinistra) a quello che è stato l'esponente di punta della destra milanese nella seconda metà del Novecento. «Servello - ha detto il responsabile enti locali di Fdi, Carlo Fidanza - è il primo uomo proveniente dalla storia del Msi ad essere iscritto al Famedio, che ricorda i milanesi che hanno dato lustro alla città e alla Patria. Onore a lui e a quelli che in questi decenni non si sono mai arresi tenendo viva quella fiamma». La fiamma evoca ovviamente la storia del Msi, per decenni il partito di Servello. Ma la stessa fiamma era raffigurata nel simbolo di An, il movimento che nacque da un percorso di modernizzazione e integrazione istituzionale della destra italiana, cui Servello partecipò da protagonista. «Alle polemiche sulla memoria dei defunti non partecipiamo e neanche rispondiamo - ha detto l'ex ministro Ignazio La Russa - Servello, se è qui votato all'unanimità su proposta di De Corato dalla commissione comunale, un motivo ci sarà. E il motivo è che è una persona onesta, che con coerenza ha difeso Milano e l'Italia in tutti gli anni del suo impegno politico». La Russa ha fra l'altro ricordato che Servello non aveva mai militato nel Partito fascista. E che il suo anti comunismo era legata a un tragico episodio personale: l'uccisione dello zio, Franco De Agazio, per mano di una frangia estremista nell'immediato dopoguerra. Lo stesso episodio è stato ricordato dalla vedova di Servello, Donatella, in una lettera scritta dopo il veto dell'Anpi: «Ho assistito a una serie di attacchi pretestuosi che ci riportano agli anni della lotta cruenta fra opposte ideologie» si legge nella lettera firmata dalla signora Donatella. Ma anche per la moglie di Servello ieri è stata una giornata solo di commozione e orgoglio. «Era veramente un galantuomo - ha detto - non ha mai rubato, era veramente una persona perbene, alla vecchia maniera, ringrazio il Comune per questo riconoscimento».
Ieri intanto Repubblica ha riportato
l'intervento di un «Osservatorio sulle nuove destre» che ha denunciato la presenza di «una corona con la fascia bianca e rossa del Comune» al campo dieci del cimitero maggiore, dove sono sepolti alcuni repubblichini e gerarchi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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