Il ricordo di Calabresi Sala: «Ma la nostra città era dalla parte giusta»

In questura cerimonia per i 45 anni dalla morte del commissario assassinato da Lotta continua

Diana Alfieri

A quarantacinque anni dalla scomparsa del commissario Luigi Calabresi, la questura ha ricordato quel 17 maggio con una celebrazione alla presenza del figlio Mario, oggi direttore di Repubblica e la vedova Gemma Capra. La giornata è stata lo spunto per non dimenticare nemmeno l'attentato avvenuto il 17 maggio 1973, esattamente un anno dopo l'assassinio di Calabresi, durante l'inaugurazione di un busto commemorativo del commissario nel cortile della questura di via Fatebenefratelli. Durante la cerimonia, cui partecipò Mariano Rumor, allora ministro dell'Interno, Gianfranco Bertoli - dichiaratosi anarchico ma diversi anni si scoprirà essere stato, tra il 1966 ed il 1971, informatore del Sifar e agente infiltrato agli ordini del Sid - lanciò una bomba a mano tra i partecipanti. L'esplosione uccise 4 persone e ne ferì 45, non colpì il ministro, forse il vero obiettivo. Bertoli rivendicò l'azione come vendetta per la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli.

Oltre al questore Marcello Cardona erano ospiti della Questura il sindaco Giuseppe Sala e il presidente della Regione Roberto Maroni. La cerimonia è cominciata con il ricordo dei caduti della polizia di Stato, il picchetto e alcuni gonfaloni. Una messa ha poi suggellato la commovente mattinata. «Celebrare la memoria di un servitore dello Stato non è solo ricordare, ma rendere la memoria presente e viva e non dimenticare il passato. Per chi ha fede non c'è memoria più doverosa che celebrare una persona come Luigi Calabresi in questo cortile: l'uomo e il poliziotto che è stato, un seme caduto in terra che però ha portato frutto». Così padre Gianluca Bernardini ha ricordato il commissario nella sua omelia.

Subito dopo il prefetto Antonio Pagnozzi ha espresso un ricordo del collega e amico, ucciso il 17 maggio 1972, partendo dalle contestazioni studentesche e dagli scontri di largo Gemelli con l'occupazione dell'Università Cattolica a cui i due avevano lavorato insieme: «Il mio lavoro lambiva quello di Luigi: cercavamo di interpretare i movimenti, individuare strutture e antagonisti. Lui sempre curato nell'abbigliamento, io con l'eskimo in mezzo ai cortei. Mi ha insegnato a usare sempre il dialogo e la fermezza, a lavorare in modo distaccato. Così garantiva credibilità e affidabilità. So quanto sia stato difficile e penoso per lui affrontare con dignità contestazioni accanite e personali. Il suo carattere, la sua famiglia e la sua fede lo hanno aiutato. Fino a quel vile attentato». Dopo il picchetto d'onore sono state deposte corone d'alloro donate dal capo della Polizia, dalla Città metropolitana, Comune e Regione. Il questore Marcello Cardona e il prefetto Luciana Lamorgese, insieme ai figli di Calabresi, Mario e Paolo, e alla vedova, si sono avvicinati al busto in un momento di raccoglimento. Presente anche lo stato maggiore delle forze dell'ordine e militari, il comandante provinciale Canio La Gala e il capo della polizia locale Antonio Barbato. Alla cerimonia non sono mancati direttori dei maggiori quotidiani tra i quali Alessandro Sallusti del Giornale, Luciano Fontana del Corriere e Vittorio Feltri per Libero.

«A 45 anni dalla sua uccisione, tornano ad accendersi i riflettori sul commissario Luigi Calabresi, assassinato il 17 maggio 1972 a Milano, e sulla possibilità che in futuro possa salire all'onore degli

altari» ha scritto invece il quotidiano cattolico Avvenire che annuncia l'iniziativa di un concerto nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei martiri per ricordare un uomo che, nella Chiesa, molti considerano un martire.

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