Tra qualche settimana avrebbe compiuto novant'anni. Invece lo assassinarono a sangue freddo che non ne aveva ancora compiuti quarant'otto. Guido Galli viaggiava senza scorta, come era consuetudine - incredibile consuetudine, vista con gli occhi di oggi - negli anni di piombo: anni in cui lo Stato mandava i magistrati a combattere il terrorismo senza preoccuparsi della loro sicurezza, neanche quando era evidente che il loro lavoro li aveva messi nel mirino delle formazioni armate. Così uccidere Galli fu, per i sicari di Prima Linea, assai facile. Lo aspettarono fuori dall'aula 309 della Statale, dove insegnava criminologia, gli spararono alla schiena, lo finirono con un colpo alla nuca e se ne andarono in bicicletta.
Oggi alle 10 Galli viene ricordato nell'aula magna della grande scuola di viale Romagna che porta il suo nome, per iniziativa della sezione milanese dell'Associazione nazionale magistrati: sezione di cui lui stesso era stato segretario per un breve periodo. Breve, ma sufficiente per finire sotto procedimento disciplinare, per avere diramato un comunicato di protesta contro lo spostamento a Catanzaro del processo per la strage di piazza Fontana.
Galli era fortemente critico verso le leggi speciali varate contro il terrorismo: e nel volantino di rivendicazione del suo omicidio Prima Linea gliene diede atto come di una colpa ulteriore, «appartiene alla frazione riformista e garantista della magistratura».
A causare la sua condanna, l'inchiesta su Prima Linea nata dall'arresto del leader Corrado Alunni. Alunni è morto pochi mesi fa, la notizia è finita in poche righe. A differenza di Galli, presto di lui non si ricorderà nessuno.
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