«Farò ricorso in appello. Sulle spese da rimborsare ai consiglieri c'era un ufficio preposto al Pirellone, che a volte autorizzava e a volte rigettava». Renzo Bossi (nella foto) è uno dei 52 ex consiglieri o assessori condannati venerdì scorso dal tribunale di Milano per le «spese pazze». Bossi jr, detto «il Trota», consigliere lombardo dal 2010 al 2012, è stato condannato a due anni e sei mesi. Ma «da quello che emerge - contesta - sembra che ci fosse stato un cassetto a nostra disposizione, in cui mettevamo ricevute, fatture e scontrini, prendendo direttamente i soldi per i rimborsi, mentre non è affatto cosi. Ogni partito aveva il suo ufficio preposto per i rimborsi, il capogruppo dava l'autorizzazione finale e la stessa Regione controllava a propria volta. Il mio ufficio di segreteria mandava tramite fax i documenti comprovanti le spese, e a volte c'erano risposte negative».
Da allora il figlio di Umberto Bossi ha cambiato vita. «Dopo aver lasciato la politica mi occupo ormai di agricoltura, nella nostra azienda» del Brenta «produciamo formaggi e salumi. E non mi occupo più di Lega, anche se di tanto in tanto qualcuno di quelli con cui stavo in Regione lo sento e lo vedo». Ma Bossi jr è anche fondatore e ceo della Resil srl, azienda attiva in Russia nel campo dell'import-export e dei rapporti internazionali. «Ho anche questa società - racconta -, nata nel 2014 e mia al 100%. Oltre che in Russia è attiva anche in Gran Bretagna e Svizzera.
Sosteniamo le aziende commercialmente e sviluppa per loro import-export». Nel 2008 chi gli chiedeva se il secondogenito sarebbe diventato il suo delfino il senatur rispondeva: «Per ora, è un trota. Mi piacerebbe che diventasse commercialista, è più sicuro».
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